Qualche tempo fa, con DanielaD, ci siamo avventurati alla scoperta delle degustazioni di pizza, birra e vino de La Gatta Mangiona, in Via Ozanam.
Quel fiume di parole e simpatia di Giancarlo ci prende sotto la sua ala protettiva alle 20,45 e ci propina una raffica di parole, bevande e portate (fino all’una passata) che avrebbe steso un mammut. Si inizia, tra il serio e il faceto, con un assaggio di birra Colomba (una 5° proveniente dalla Corsica – è una sottomarca dello stesso stabilimento della più famosa birra Pietra - e, come riportato sull’etichetta, è una birra con sentori di bosco: in effetti è una birra delicata, sembra quasi una birra di grano, ma più leggera e meno impegnativa, ed è gradevole come aperitivo).
Come apertura Giancarlo ci propone dei saporiti supplì ai frutti di mare (ben conditi e ben fritti), dei saccottini con spinaci, uvetta, pinoli ed alici (anche questi gradevoli: sembra quasi un dolce visto il sapore poco invasivo ed appena accennato dell’alicetta) ed una fetta di pane a bruschetta con una base di pesto vegetale (senza parmigiano) con filetti di tonno di Sicilia e rondelle di peperoncino Calabrese ( il primo degli arditi accostamenti proposti nel corso della serata).
Come prima cosa, a nostra domanda circa l’impasto della pizza Giancarlo inizia il suo primo monologo esplicativo: circa l’uso della farina di soia, che afferma essere utilizzata soprattutto nei corsi per pizzaioli e nella maggior parte dei locali “commerciali”, ammette di averla utilizzata lui stesso in passato ma, da più di un anno, ha abbandonato questa farina perché, a suo dire, rendeva sì l’impasto della pizza croccante e più colorito ma allo stesso tempo la pizza risultava troppo morbida (a Roma si direbbe “moscia”). Ha così optato, anche con uno sforzo economico maggiore, per la più pregiata varietà Solina (una farina di frumento tenero a basso tenore di glutine – non superiore al 10% - più fragrante ed adatta ad abbinamenti con salse delicate) abbinata ad una farina integrale biologica macinata a pietra. Giancarlo tiene anche a precisare due cose:
- che la sua pizza non è una napoletana classica (non ha di queste ambizioni) ma un giusto compromesso tra la pizza napoletana e quella romana, notoriamente più sottile;
- che il suo locale vuole porsi come alternativa alla classica pizzeria nella quale si va a mangiare una pizza mediamente buona ma preparata con prodotti più economici (farine miste, prodotti preconfezionati o presurgelati, prosciutti cotti che prosciutti non sono ma “impasti”... ecc.).
Si da quindi inizio alle danze (delle pizze).
La prima a sfilare sul nostro tavolo è una pizza Margherita speziata, a base di pomodoro, origano, basilico e peperoncino (colorata, profumata e piccante) abbinata ad un sorprendente Riesling (Kaseler Nies’ Chen) della Mosella (Mosel-Saar: uno “spatlese” – a vendemmia tardiva - che somiglia molto ad un italico moscato, che, con le sue bollicine ed il dolce sapore, ben lega e stempera il piccante della pizza). Secondo abbinamento inaspettato quello dolce-frizzante/piccante.
La sfilata prosegue con un abbinamento apparentemente orrido: pizza Margherita con broccolo romanesco lessato, il tutto coperto da coppa della Valnerina ed abbinato ad una Croatina dell’Oltrepò Pavese Vigna Barbacarlo 2001; questo vino merita di essere descritto perché, pur essendo frizzante, presenta un notevole bouquet e risulta fortemente strutturato con i suoi 14,5°. Grande sorpresa, sia per l’abbinamento degli ingredienti della pizza, risultata equilibrata e stranamente leggera, che per il vino.
La terza a sfilare era una pizza rossa con mozzarella di Bufala campana, ricotta, basilico e prosciutto cotto, abbinata ad un Pinot Nero Bungerland 2001 di Wenzel (13,5°). Anche questo vino è stato, nella sua asciutta corposità, una graditissima scoperta: brilla di luce propria, malgrado l’etichetta in tedesco, peraltro scritta in nero su verde scuro: il massimo dell’incomprensibilità. Ma il contenuto si fa gustare che è un piacere.
A questo punto, come tradizione, nelle migliori manifestazioni, c’è il secondo monologo/delucidazione di Giancarlo circa le modalità di lievitazione del suo impasto: intanto tiene a precisare che non viene fatto la mattina per la sera ma la mattina per il giorno dopo, quindi con una lievitazione che dura un minimo di 30 ore. La presenza del lievito è impercettibile: da 1 a 3,5 grammi/litro. Durata della lievitazione e quantità del lievito dipendono dalla stagione e dalle condizioni meteorologiche: d’estate l’impasto andrebbe messo a riposare in cella a 10° mentre d’inverno il processo avviene a temperatura ambiente.
Alla fine delle precisazioni troviamo materializzata sul nostro tavolo una pizza, apparentemente Marinara: rossa con acciughe ma, al posto del più convenzionale origano, c’è una spolverata di finocchietto selvatico dolcissimo e profumatissimo. Altro abbinamento particolare ed altra scommessa vinta da Giancarlo che, non accontentandosi delle ferite, ormai mortali, inferteci, ci da il colpo di grazia con una mousse di crema all’amaretto accompagnata da una presenza forse mistica: un Primitivo di Manduria Dolce Naturale del 2001 dell’Azienda Agricola di Giuseppe Attanasio, per la modestissima gradazione di 16°! Un vino, pieno, profumato, con un “corpo” degno di un culturista e meravigliosamente dolce, con cui far l’amore tutto il giorno, capace di rapire i sensi e far dimenticare lo scorrere del tempo. Infatti, quando riprendiamo conoscenza e, facendoci coraggio, riusciamo ad alzarci dalle sedie, è da un pezzo passata l’una e Giancarlo (che, praticamente, dall’arrivo della terza pizza si è accomodato al nostro tavolo), non mostra il minimo segno di stanchezza, verbale o fisica e, per seppellirci definitivamente e trascinarci nell’oblio (dopo averci parlato di formaggi erborinati o meno, del profondo sud o delle più alte vette dell’Italia) si alza e torna dopo pochi secondi portandoci al tavolo dei quadratini di crostata con marmellate di Pesche e di Prugne (fatte in casa... e si sente!) ed un assaggio di formaggio (aromatizzato con delle erbe, non ricordo quali... - erano diverse ed io avevo, a quel punto, quasi perso conoscenza -, e messo a stagionare per un anno in brocche di coccio), accompagnato con marmellata, anch’essa casalinga, di uva fragola. ......Amen.
Con dispiacere dobbiamo lasciarci alle spalle la Gatta Mangiona e le sue degustazioni, ma ci rivedranno da quelle parti.
Per quanto possa valere un mio giudizio strettamente personale, a parte la mia solita, estenuante e quasi grottesca descrizione, posso garantire che la pizza anonima della Gatta Mangiona mangiata fino allo scorso anno non era sicuramente all’altezza di quelle di ieri sera (anche come impasto): infatti, quando andavo in quel locale dopo il calcetto, preferivo prendere mezze maniche con ricotta grattugiata e melanzane, oppure un’altro primo, accompagnati da una birra. L’aver scoperto che la pizza è, a mio parere ripeto, “migliorata” (anche se sarebbe azzardato definirla la migliore di Roma) e che la cantina propone dei vini per me strabilianti (anche se un po’ troppo “pesanti” se proposti in successione) è stata una piacevole sorpresa. Che ha avuto la meglio sulla mia preventiva diffidenza.
Per chiudere, con le parole di Giancarlo, ricordate le cose che, secondo lui, fanno muovere il mondo:
Pane... Vino... Formaggio............... in parole povere...................... LIEVITI.
Quel fiume di parole e simpatia di Giancarlo ci prende sotto la sua ala protettiva alle 20,45 e ci propina una raffica di parole, bevande e portate (fino all’una passata) che avrebbe steso un mammut. Si inizia, tra il serio e il faceto, con un assaggio di birra Colomba (una 5° proveniente dalla Corsica – è una sottomarca dello stesso stabilimento della più famosa birra Pietra - e, come riportato sull’etichetta, è una birra con sentori di bosco: in effetti è una birra delicata, sembra quasi una birra di grano, ma più leggera e meno impegnativa, ed è gradevole come aperitivo).
Come apertura Giancarlo ci propone dei saporiti supplì ai frutti di mare (ben conditi e ben fritti), dei saccottini con spinaci, uvetta, pinoli ed alici (anche questi gradevoli: sembra quasi un dolce visto il sapore poco invasivo ed appena accennato dell’alicetta) ed una fetta di pane a bruschetta con una base di pesto vegetale (senza parmigiano) con filetti di tonno di Sicilia e rondelle di peperoncino Calabrese ( il primo degli arditi accostamenti proposti nel corso della serata).
Come prima cosa, a nostra domanda circa l’impasto della pizza Giancarlo inizia il suo primo monologo esplicativo: circa l’uso della farina di soia, che afferma essere utilizzata soprattutto nei corsi per pizzaioli e nella maggior parte dei locali “commerciali”, ammette di averla utilizzata lui stesso in passato ma, da più di un anno, ha abbandonato questa farina perché, a suo dire, rendeva sì l’impasto della pizza croccante e più colorito ma allo stesso tempo la pizza risultava troppo morbida (a Roma si direbbe “moscia”). Ha così optato, anche con uno sforzo economico maggiore, per la più pregiata varietà Solina (una farina di frumento tenero a basso tenore di glutine – non superiore al 10% - più fragrante ed adatta ad abbinamenti con salse delicate) abbinata ad una farina integrale biologica macinata a pietra. Giancarlo tiene anche a precisare due cose:
- che la sua pizza non è una napoletana classica (non ha di queste ambizioni) ma un giusto compromesso tra la pizza napoletana e quella romana, notoriamente più sottile;
- che il suo locale vuole porsi come alternativa alla classica pizzeria nella quale si va a mangiare una pizza mediamente buona ma preparata con prodotti più economici (farine miste, prodotti preconfezionati o presurgelati, prosciutti cotti che prosciutti non sono ma “impasti”... ecc.).
Si da quindi inizio alle danze (delle pizze).
La prima a sfilare sul nostro tavolo è una pizza Margherita speziata, a base di pomodoro, origano, basilico e peperoncino (colorata, profumata e piccante) abbinata ad un sorprendente Riesling (Kaseler Nies’ Chen) della Mosella (Mosel-Saar: uno “spatlese” – a vendemmia tardiva - che somiglia molto ad un italico moscato, che, con le sue bollicine ed il dolce sapore, ben lega e stempera il piccante della pizza). Secondo abbinamento inaspettato quello dolce-frizzante/piccante.
La sfilata prosegue con un abbinamento apparentemente orrido: pizza Margherita con broccolo romanesco lessato, il tutto coperto da coppa della Valnerina ed abbinato ad una Croatina dell’Oltrepò Pavese Vigna Barbacarlo 2001; questo vino merita di essere descritto perché, pur essendo frizzante, presenta un notevole bouquet e risulta fortemente strutturato con i suoi 14,5°. Grande sorpresa, sia per l’abbinamento degli ingredienti della pizza, risultata equilibrata e stranamente leggera, che per il vino.
La terza a sfilare era una pizza rossa con mozzarella di Bufala campana, ricotta, basilico e prosciutto cotto, abbinata ad un Pinot Nero Bungerland 2001 di Wenzel (13,5°). Anche questo vino è stato, nella sua asciutta corposità, una graditissima scoperta: brilla di luce propria, malgrado l’etichetta in tedesco, peraltro scritta in nero su verde scuro: il massimo dell’incomprensibilità. Ma il contenuto si fa gustare che è un piacere.
A questo punto, come tradizione, nelle migliori manifestazioni, c’è il secondo monologo/delucidazione di Giancarlo circa le modalità di lievitazione del suo impasto: intanto tiene a precisare che non viene fatto la mattina per la sera ma la mattina per il giorno dopo, quindi con una lievitazione che dura un minimo di 30 ore. La presenza del lievito è impercettibile: da 1 a 3,5 grammi/litro. Durata della lievitazione e quantità del lievito dipendono dalla stagione e dalle condizioni meteorologiche: d’estate l’impasto andrebbe messo a riposare in cella a 10° mentre d’inverno il processo avviene a temperatura ambiente.
Alla fine delle precisazioni troviamo materializzata sul nostro tavolo una pizza, apparentemente Marinara: rossa con acciughe ma, al posto del più convenzionale origano, c’è una spolverata di finocchietto selvatico dolcissimo e profumatissimo. Altro abbinamento particolare ed altra scommessa vinta da Giancarlo che, non accontentandosi delle ferite, ormai mortali, inferteci, ci da il colpo di grazia con una mousse di crema all’amaretto accompagnata da una presenza forse mistica: un Primitivo di Manduria Dolce Naturale del 2001 dell’Azienda Agricola di Giuseppe Attanasio, per la modestissima gradazione di 16°! Un vino, pieno, profumato, con un “corpo” degno di un culturista e meravigliosamente dolce, con cui far l’amore tutto il giorno, capace di rapire i sensi e far dimenticare lo scorrere del tempo. Infatti, quando riprendiamo conoscenza e, facendoci coraggio, riusciamo ad alzarci dalle sedie, è da un pezzo passata l’una e Giancarlo (che, praticamente, dall’arrivo della terza pizza si è accomodato al nostro tavolo), non mostra il minimo segno di stanchezza, verbale o fisica e, per seppellirci definitivamente e trascinarci nell’oblio (dopo averci parlato di formaggi erborinati o meno, del profondo sud o delle più alte vette dell’Italia) si alza e torna dopo pochi secondi portandoci al tavolo dei quadratini di crostata con marmellate di Pesche e di Prugne (fatte in casa... e si sente!) ed un assaggio di formaggio (aromatizzato con delle erbe, non ricordo quali... - erano diverse ed io avevo, a quel punto, quasi perso conoscenza -, e messo a stagionare per un anno in brocche di coccio), accompagnato con marmellata, anch’essa casalinga, di uva fragola. ......Amen.
Con dispiacere dobbiamo lasciarci alle spalle la Gatta Mangiona e le sue degustazioni, ma ci rivedranno da quelle parti.
Per quanto possa valere un mio giudizio strettamente personale, a parte la mia solita, estenuante e quasi grottesca descrizione, posso garantire che la pizza anonima della Gatta Mangiona mangiata fino allo scorso anno non era sicuramente all’altezza di quelle di ieri sera (anche come impasto): infatti, quando andavo in quel locale dopo il calcetto, preferivo prendere mezze maniche con ricotta grattugiata e melanzane, oppure un’altro primo, accompagnati da una birra. L’aver scoperto che la pizza è, a mio parere ripeto, “migliorata” (anche se sarebbe azzardato definirla la migliore di Roma) e che la cantina propone dei vini per me strabilianti (anche se un po’ troppo “pesanti” se proposti in successione) è stata una piacevole sorpresa. Che ha avuto la meglio sulla mia preventiva diffidenza.
Per chiudere, con le parole di Giancarlo, ricordate le cose che, secondo lui, fanno muovere il mondo:
Pane... Vino... Formaggio............... in parole povere...................... LIEVITI.
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