29 settembre 2006

DUE SCENE STORICHE... ESILARANTI... MITICHE... DI PIU' !!!

Come posso esimermi dal bloggare le due scene forse più divertenti della cinematografia italiana? La famosissima lettera di Toto’ e Peppino nel film di Camillo Mastrocinque "Totò Peppino e la Malafemmena”

La celeberrima scena della lettera

“I fratelli Caponi… che siamo noi”

Totò, Peppino e la soubrette Dorian Gray la "malafemmena"
e la scena del “Maccarone” di Alberto Sordi “Nando Mericoni” (e NON, come tutti scrivono, Moriconi) nel Film di Steno Un Americano a Roma.
E allora, però solo dopo aver ricordato anche la scena con il "ghisa" milanese… pòsto:

"Nojo, nojo... volevan... volevont... savuàr... l'indirìs.... JA?!!"

LA LETTERA DI TOTO' E PEPPINO ALLA MALAFEMMENA


TOTO' (apprestandosi a dettare a Peppino, pollice all'occhiello della giacca): "Giovanotto! Carta, calamaio e penna! Su, avanti, scriviamo…"
PEPPINO (si siede allo scrittoio, prende un foglio e si toglie il cappello pronto a scrivere)
TOTO' (si mette in posa, pronto a dettare): "Dunque? Hai scritto?"
PEPPINO: "Un momento, no?"
TOTO': "E comincia, su!"
PEPPINO (fra se e se, cercando di far mente locale): "Carta, calamaio e penna…" (estrae un foglio dallo scrittoio).
TOTO': "Oooh… Oooh..." (inizia a dettare) "SIGNORINA!"
PEPPINO (intinge la penna nel calamaio ed aspetta)
TOTO': "Signorina!… Signorina…"
PEPPINO (si volta verso la porta): "Dove sta?"
TOTO' (a Peppino): "Chi?"
PEPPINO (a Totò): "La signorina!"
TOTO': "Quale signorina?"
PEPPINO: "Hai detto: "signorina!""
TOTO': "E' entrata una signorina?"
PEPPINO (voltandosi nuovamente verso la porta): "E che… AVANTI!"
TOTO' (a Peppino) "ANIMALE!… Signorina,… è l'intestazione autonoma, della lettera!" "Oooh… (riprende a dettare)… Signorina!…"
PEPPINO (straccia il foglio e ne prende un altro)
TOTO': "Come, non era buona quella signorina lì?"
PEPPINO (riprende posizione, pronto a ricominciare)
TOTO': "Signorina!… Veniamo… noi…, con questa mia a dirvi…"
PEPPINO (scrivendo - fra se)" … a dirvi…"
TOTO' (a Peppino): "addirvi… una parola: ADDIRVI!"
PEPPINO (continuando a scrivere) "…addirvi una parola…"
TOTO': "…CHE!…"
PEPPINO: "…che…"
TOTO': "…che?…"
PEPPINO: "…che?…"
TOTO': "…che?…"
PEPPINO (interrompendosi, rivolto a Totò): "Uno? Quanti?"
TOTO' (a Peppino): "Che?"
PEPPINO: "UNO "che"?"
TOTO': "Uno "che"? CHE!!"
PEPPINO (riprende a scrivere) "…che…"
TOTO': "…scusate se sono poche…"
PEPPINO: (fra se) "…che…"
TOTO': "…che…scusate se sono poche,… ma settecento MIILA lire… PUNTO E VIRGOLA…noi…noi, ci fanno specie, che quest'anno…" (a Peppino): " una parola: "questanno"… (riprendendo a dettare) "…c'è stato una grande morìa delle vacche,… come voi ben sapete!… PUNTO!"
PEPPINO (fra se): "Punto!"
TOTO' (a Peppino): "DUE punti!… Ma si, fa' vedere che abbondiamo!… ABBONDANDIS IN ABBONDANDUM!" (riprende a dettare) "Questa moneta servono… questa moneta servono… questa moneta servono, a che voi vi consolate…" (a Peppino): "Oh! Scrivi, presto!"
PEPPINO (fra se) "…con l'insala…"
TOTO': "…che voi vi consolate…"
PEPPINO (a Totò): "Ah! "vi consolate!", avevo capito "con l'insalata"".
TOTO' (scaldandosi) "…voi vi consolate"… Non mi far perdere il filo, ce l'ho tutta qui!…" (si indica la fronte).
PEPPINO (fra se): "…avevo capito "con l'insalata"…"
TOTO': "…dai dispiacere… dai dispiacere… che AVRETA… che avreta…che… A-VRE-TA" (resta un attimo perplesso a pensare) "Eh, già! È femmina, femminile!" (riprende a dettare)"Che avreta, perché…"
PEPPINO (fra se): "…perché…"
TOTO': "Perché?"
PEPPINO (guardandolo con aria interrogativa) "Non so!"
TOTO' (a Peppino): "Perché "non so"?"
PEPPINO (a Totò): "Perché che cosa?"
TOTO': "Perché-che?"
PEPPINO: "Perché?"
TOTO': "PERCHE'!!"
PEPPINO (indicando il foglio): "Ah! "Perché", QUA…!"
TOTO' (riprende a dettare): "…dispiacere che avreta, perché: (a Peppino) è AGGETTIVO QUALIFICATIVO, no?"
PEPPINO (riprende a scrivere, non molto convinto): "Io scrivo!"
TOTO': "…perché dovrete lasciare… nostro nipote…, che gli zii, che siamo noi medesimo di persona,…"
PEPPINO (tira fuori un fazzoletto e si asciuga il sudore dalla fronte)
TOTO' (a Peppino): "Ma che stai facendo… 'na faticata?… S'asciuga il sudore!" (riprende a dettare) "…che siamo noi medesimo di persona,… vi mandano questo!" (prende in mano il pacchetto con i soldi).
PEPPINO (fra se): "…questo…"
TOTO': "…perché il giovanotto… è studente che studia!… che si deve prendere una Laura…"
PEPPINO (fra se): "…Laura…"
TOTO': "…Laura, …Che deve tenere la testa al solito posto, cioè…"
PEPPINO (fra se) : "…cioè…"
TOTO': "…SUL COLLO! PUNTO, PUNTO E VIRGOLA,…PUNTO, E UN PUNTO E VIRGOLA!…"
PEPPINO: "Troppa roba!"
TOTO' (a Peppino): "E lascia fare! Che dica che noi siamo provinciali, che siamo tirati!"
PEPPINO (a Totò): "Ma è troppo!…"
TOTO' (riprendendo a dettare): "…SALUTANDOVI INDISTINTAMENTE… salutandovi indistintamente…" (mettendo le mani addosso a Peppino) "Sbrigati!"
(riprende a dettare) "Salutandovi indistintamente,… I FRATELLI CAPONI,… CHE SIAMO NOI!" (a Peppino) "Questa… Apri una PARENTE. …apri una parente e dici: "che siamo noi!… I fratelli Caponi!"
PEPPINO (fra se) "…CAFONI…"
TOTO' (a Peppino): "Hai aperto una parente?… Chiudila!"
PEPPINO (riprende la penna, esausto): "Ecco fatto!"
TOTO' (a Peppino): "Vuoi aggiungere qualcosa?"
PEPPINO: "Mah?! "senza nulla a pretendere" non c'è più?"
TOTO': "No, basta "in data odierna". Si capisce… Avanti! Svelto, dai… Chiudi!… Andiamo! Presto!… Andiamo!"


MACCARONE: TU ME PROVOCHI E IO TE DISTRUGGO!!
Albertone e Maria Pia Casilio
(Entrando in cucina, Nando Mericoni, urta un’insalatiera sul lavandino) “Cunculina m’hai teso l’agguato! Ma io ti distruggo sai!? Io vi distruggo a tutti!
(Parlando tra se e se, ripetendo una frase sentita nel film western americano visto poco prima al cinema) ”Jim chiama Joe!
(Avvicinandosi alla tavola lasciatagli apparecchiata dalla madre, con un piatto di spaghetti ormai freddi) “What this the name?..:”
(Togliendo la scodella che copre il piatto e scoprendo gli spaghetti) “Hiiiiiii! (con disgusto ed insofferenza) “MACCARONE! Maccarone: questa è robba da carettieri! Io nun magno maccaroni: IO SONO AMERECANO SONO!
(Si siede a tavola con lo schienale della sedia al contrario, cioè tra lui ed il tavolo) “Vino rosso: io non bevo vino rosso, lo sapete che sono Amerecano io! Gli Amerecani non bevono vino rosso... non magnano maccarone: magnano MARMELATTA…” (Prende una fetta di pane e comincia a spalmarla) “Marmelàta! QUESTA E’ ROBBA D’AMERECANI!… YOGURT… MOSTARDA. Ah!… ecco perché gli Amerecani vincono gl’Apache! Gl’Amerecani non bevono vino rosso: bevono latte! Apposta nun s’embriacano! L’avete visto mai ‘n’Amerecano ‘mbriaco voi? Io nun l’ho visto mai ‘n’Amerecano ‘mbriaco! Gl’Amerecani sono forti!” (fa una mossa con le mani, simulando degli artigli, seguita da un verso animalesco) “Shhhhh!!! ‘MMAZZA L’AMERECANI AHO!! Nun pòi mica combatte contro l’Amerecani. Gli Amerecani magnano marmelàtta” (Si volta verso il piatto di pasta con disprezzo) “Maccarone: mannaggia a tte!! TI DISTRUGGO SAI!… PERCHE’ MI GUARDI CON QUELLA FACCIA INTREPIDA?! Mi sembri un verme, maccarone!” (Riferendosi alla fetta di pane spalmata) “Questa è robba d’Amerecani, vedi!?! Yogurt, mostarda… la mostarda!… “What-the-she-nèlla la mostarda!?"” (Frase incomprensibile in inglese “maccheronico”) (Prende la bottiglia del latte) “Er LATTE!… questa è la robba che se magnano l’Amerecani: robba sana, sostanziosa!” (Versa un goccio di latte sulla fetta di pane, spalmata di mostarda, marmellata e yogurt, e la addenta)
(Masticando e rivolto con disprezzo verso il piatto davanti a se) “Maccarone!
(Sputa schifato il disgustoso boccone di pane) “’MMAZZA CHE ZOZZERIA!!… (riflessione ironica) GLI AMERICANI AHO!!
(Rivolto verso il piatto di pasta, in tono di sfida e facendo una forchettata con quasi tutta la pasta che è nel piatto) “MACCARONE: M’HAI PROVOCATO E IO TI DISTRUGGO ADESSO: IO ME TE MAGNO!! AHMMM!!!


La "distruzione" del Maccarone
(Dopo qualche secondo inizia a togliere il latte, lo yogurt e la mostarda dalla tavola, mettendoli a terra) “QUESTO LO DAMO AR GATTO!… QUESTO AR SORCIO!… QUESTA AMMAZZAMO ‘A CIMICIA… E IO BEVO ER LATTE!” (attaccandosi al boccione di vino rosso). (Tra se) “SO’ AMERECANO IO!!!
(Rivolto al “maccarone”, preparando un’altra forchettata gigantesca) “VERME!… io me te magno!!!

28 settembre 2006

UN ANGOLO SURREALE DI ROMA: IL QUARTIERE COPPEDE'

Adesso vi parlo di un angolo di Roma di cui il 99,99% dei Romani ignora l’esistenza: il Quartiere Coppedè. Questo “quartiere”, che in realtà non è altro che un complesso di 26 palazzine e di 17 villini, sorge tra la Salaria e la Nomentana, praticamente inglobato nel quartiere Trieste. La progettazione, e la parziale realizzazione, di queste palazzine si deve a Gino Coppedè, un architetto/scultore fiorentino che fu chiamato a Roma nel 1913 proprio per la realizzazione di questo complesso (che fu terminato poco dopo la sua prematura morte, avvenuta nel 1926). La particolarità che rende degno di nota questo insieme di edifici consiste nel fatto che tutte le palazzine, che partono a raggiera dalla centrale Piazza Mincio (dov’è la curiosa Fontana delle Rane)

non hanno uno “stile architettonico proprio" ma sono un misto di Liberty, Decò, Barocco, con richiami medievali e classici. I villini sono infatti circondati da una folta ed alta vegetazione mentre nelle facciate degli edifici si incontrato motivi classici greci, mitologici, ponti e reggifiaccole medievali in ferro battuto,

vetrate in stile Liberty ed edicole sacre con tanto di Madonna con il bambinello. In particolare i villini, generalmente di 2 o 3 piani e strutturati in archi e torrette, sono circondati da giardinetti verdi con alti alberi e, come fossero dei piccoli castelli, da pesanti cancellate di confine mentre le palazzine, in genere, danno direttamente sulle strade lungo tutto il loro perimetro e sono caratterizzate da loggette, balconcini e da pitture sulle facciate.

Un’altra particolarità del quartiere è che vi si “accede” attraverso un arco di ingresso che unisce due palazzi: la volta interna dell’arco è ornata da un grande… lampadario in ferro battuto!


Il miscuglio di stili che caratterizzano il complesso di edifici dette vita ad uno stile vero e proprio: l’Eclettismo, proprio per il fatto di essere avulso da ogni contesto storico essendo mescolati in esso lo stile tetro del gotico, quello ispirato alla natura del Liberty, quello classico di ispirazione greca, quello medievale delle torrette e delle cancellate, quello Barocco delle decorazioni a stucchi, mascheroni e pitture delle facciate. Questo stile, a se stante, nacque e morì con Gino Coppedè. Caratteristici sono anche i nomi dati agli edifici: Palazzina del Ragno (caratterizzata da un grosso mascherone sul portone d’entrata), il Villino delle Fate (caratterizzato da loggette con colonne e pitture sulle facciate),

l’Ambasciata Russa (con fregi che si rifanno a quelli dell’antica Grecia ma con il tetto sorretto da grossi animali in stile medievale). Il Quartiere Coppedè, proprio per la sua stravaganza e particolarità, e stato più volte set di film cinematografici.

ED ORA UN SECONDO ED UN PAIO DI DOLCI

TORTINO DI CARNE, PROVOLA E FIORI DI ZUCCA
Si mette della carne macinata (circa 3 etti) in un vassoietto di alluminio da forno (dopo averne bagnato il fondo con un po’ d’olio ed una manciata di pan grattato), poi si fa uno strato di fettine di provola (ma si possono usare, a seconda dei gusti, delle fette di mortadella, delle zucchine, dei carciofi, dei funghi, del formaggio ecc.), si ricopre con un altro strato più sottile di carne macinata (circa due etti) con una passata d’olio e si ricopre il tutto con dei fiori di zucca; poi, volendo, si aggiungono un paio di manciate di parmigiano (noi abbiamo usato un mix di parmigiano e provola, si trova nei supermercati). Si inforna per una mezz’ora a 180° e… si gusta (tener presente che il tortino tende a ritirarsi di un paio di centimetri dal bordo del vassoietto).

E questa è la versione con funghi, prosciutto e olive.

TIRAMISU’ AI FRUTTI DI BOSCO
Per i diciotto anni della nostra “bimba” ho preparato un tiramisù “anomalo” con frutti di bosco. Si prapara una base di pan di Spagna (confesso che stavolta l’abbiamo comprata in un forno) e, dopo averla tagliata in due dischi, l'ho bagnata con un misto di Liquore Strega ed il succo delle fragole che avevo tagliato e messo a macerare la sera prima con zucchero e limone; ho poi colato della crema (tenuta un po’ liquida e mescolata con panna – o mascarpone) ed uno strato di fragole; ho poi coperto con il secondo disco ed ho proceduto come sopra, aggiungendo nel mezzo alcune cucchiaiate di fragole e mirtilli e guarnito il tutto con panna e fragole brinate (per brinarle si passano le fragole in una ciotolina dove avremo sbattuto un paio di chiare d’uovo e poi nello zucchero, lasciandole poi in frigo per una nottata). NOTEVOLE !!!



PANFORTE
Lo scorso Natale mi sono specializzato nella produzione del panforte: ne ho fatti una decina ed ognuno diverso dall’altro, sperimentando vari ingredienti.
La base, comunque, è la seguente: 2,5 etti di mandorle (ma io ho usato nelle varie prove anche noci, pinoli, nocciole), 3 hg canditi (arancia, cedro, ciliegia, limone), 150 g farina, 150 g zucchero a velo (+ un paio di cucchiai da cospargere sopra a fine cottura), 150 g miele, ostie (si trovano in negozi specializzati o nelle farmacie), noce moscata, pepe.
Si mescolano insieme la frutta secca ed i canditi, tagliati a dadini di circa 1 cm., con la farina (questa operazione fa si che i canditi non creino una mappazza ma che ogni singolo pezzetto resti staccato). Si mettono sul fuoco 1 o 2 cucchiai di acqua con tutto lo zucchero a velo ed il miele e si mescola fino a che fa le bollicine. Si toglie dal fuoco e si amalgamano i due composti e le spezie, girando velocemente per circa un minuto e mettendo il tutto, ben amalgamato, in una teglia apribile (io ho usato dei vassoi da forno in cartoncino da 17 cm.), precedentemente foderata con l'ostia. Infornare per circa 30/35' a 170°. Sfornare e cospargere di zucchero a velo quanto è tiepido.


E' GIUNTO IL MOMENTO......

...di postare un po’ di ricette, altrimenti il “Cucina” nel nome del blog che ce l’ho messo a fare??? Hehehehe Iniziamo con due o tre primi piatti:

PASTA GAMBERONI E TONNO FRESCO
Quasi ogni sabato andiamo a comprare il pesce fresco alla Pescheria Ostiense (dove si trova veramente di tutto), proprio nel palazzo dove Ozpetek ha girato il film Le Fate Ignoranti.
Non ho saputo resistere ad un bel trancetto di tonno fresco da fare alla piastra bagnato soltanto con un filo d’olio. Con un altro tranchetto ed una bella “cartata” di gamberoni, aglio, olio, un pizzico d’erbetta ed un pomodoro tagliato a cubetti, giusto per dare un po’ di colore, ci siamo concessi uno bello sfizio in tempo di diete.


Spesa e sugo

Risultato 1 e...... risultato 2
Il piatto si prepara in 10 minuti (variante: solo tonno tagliato a cubetti con aggiunta di qualche oliva nera o di quelle rosse di Gaeta, dei capperi ed un paio d’alicette da far squagliare direttamente nel soffritto).
Sabato scorso, invece, abbiamo trovato delle splendide code di mazancolle già pulite e… ne abbiamo approfittato. Con la solita base di aglio (vestito), olio ed erbetta (volendo aggiungete un’alicetta al soffritto per insaporire ancora di più) ed un pomodoro proprio per dare un leggero colorino al piatto…


GNOCCHETTI COZZE E FAGIOLI
Di ritorno dalla Puglia abbiamo voluto rinverdire i fasti della vacanza cucinandoci un piatto (ottimo) che abbiamo mangiato a Noci: cavatelli con cozze e cannellini. Il procedimento è veramente semplice: si puliscono delle barbe e si fanno aprire in padella le cozze, si fa un soffritto a base di cipolla e si mettono in cottura i cannellini, aggiungendo un paio di pomodori tagliati a dadini; si aggiungono poi le cozze con il loro sughetto filtrato; infine si cucinano i cavatelli (o qualunque altra pasta, l’importante è che sia corta) e si manteca il tutto in padella per un paio di minuti.




RISOTTO FIORI DI ZUCCA, ZUCCHINE ED ASPARAGI SELVATICI
Con degli altri fiori di zucca avanzati dal tortino ho voluto preparare un gustoso risottino mettendo insieme alcune cosette che non avrei potuto utilizzare da sole (praticamente degli avanzi hehehe).


Ho tagliato a dadini una di quelle zucchine tonde di media grandezza e l’ho messa in cottura con un soffritto di scalogno, olio ed un pizzico di vino bianco (ho utilizzato una Falanghina Ra Mì di DiMajo Norante, con cui abbiamo poi pasteggiato); mentre si cuoceva il brodo vegetale ho tagliato a striscioline i fiori ed a pezzettini anche degli asparagini selvatici che avevo comprato e surgelato un mesetto fa. Ho fatto poi un altro soffritto (identico al precedente, per non mischiare troppi sapori) ed ho messo a tostare il riso, aggiungendo poi alcuni mestoli di brodo. Nel frattempo ho aggiunto gli asparagi alle zucchine e, dopo una ventina di minuti di cottura del riso ho unito tutti gli ingredienti; ho mantecato poi il tutto con un paio di noci di burro ed una spolverata di parmigiano.

19 settembre 2006

TRE GIORNI UGGIOSI E GASTRONOMICI IN UMBRIA E TOSCANA

Di ritorno da tre sospirati (ma piovosi) giorni trascorsi al confine tra Umbria e Toscana faccio una nuova recensione di qualche locale visitato, anche perché nel nostro carnet c'è una “nuova entrata” veramente meritevole, che vado subito a presentare.
Appena arrivati, e dopo aver dato una controllatina allo stato della casa e dell’orto, ci dirigiamo verso un locale che da almeno un annetto e mezzo volevamo provare: l’Osteria la Solita Zuppa a Chiusi.

L'entrata de La Solita Zuppa
Intanto una piccola digressione su Chiusi vecchia, che offre veramente tre o quattro colpi d’occhio inaspettati e caratteristici.

La Solita zuppa si distingue dagli altri locali della zona per l’arredamento (un po’ come quello di Lillo Tatini a Panicale) sobrio ma fantasioso, magari per alcune cose un po' kitch,
l'accesso curatissimo allo Toilette del ristorante, la tazzina ed il servizietto da caffè

ma con una grande attenzione ai particolari curiosi

il segnaposto in ceramica
nonché per la straordinaria accoglienza (che più che “calda” sarebbe preferibile definire “rovente”) dei gestori, Roberto e Luana, che da 23 anni si dedicano anima e corpo a questo locale come fosse sempre il primo giorno, presentando, magari aggiungendoci anche un pizzico di fantasia, piatti della tradizione contadina toscana (Chiusi è il primo paese che si incontra passando dall’Umbria alla Toscana).
In effetti il tono di voce e la cadenza di Roberto sono ammalianti, così come la verve e la passione di Luana nell’accogliere i clienti. Sentire Roberto “recitare” il menu è una via di mezzo tra il sentire un disco della Telecom (“…Trippa…: questo è un trippaio dal 1920. Qui da noi potete trovare… ecc. ecc.”, …probabilmente l’ha imparato a memoria!? infatti ripete le stesse identiche frasi decine di volte ai vari clienti senza omettere, di volta in volta, una virgola) ma con una “interpretazione” piena di passione per il proprio lavoro e le tradizioni (ad esempio ci racconta di quando, da bimbo, accompagnava il nonno in campagna e mangiava con lui cose genuine e “povere” - come materie, ma non certo povere di gusto).
Il locale è veramente arredato in modo originale, pur con la tipica volta a botte delle trattorie più classiche, ma con mille trovate che rapiscono gli occhi dell’avventore (Luana ripeterà più volte la frase-verità: “Questo locale è la nostra casa: se non ci stiamo bene noi non ci possono stare bene i nostri “amici”. Ed in effetti Luana e Roberto non usano mai la parola “clienti” ma sempre “amici”. Un’altra frase pronunciata da Luana al telefono, ad un cliente che chiedeva la disponibilità di un tavolo, chiarisce ancora meglio la loro filosofia: “Mi dispiace ma, se Dio vuole, in questo locale non sappiamo cosa voglia dire preparare la tavola due volte: noi effettuiamo un solo turno perché ci piace coccolare i nostri amici, senza fretta”).
E le portate presentate sono altrettanto particolari: come entrèe ci viene portata una ribollita estiva con zucchine, ceci, fagioli, verdure ed uvetta, il tutto su una fetta di pane ammollato (piatto freschissimo e veramente gustoso, che Roberto mangiava appunto in compagnia del nonno, a cui viene abbinato un sauvignon blanc);

La Ribollita estiva
proseguiamo con una zuppa di zucca, farro perlato e rosmarino (dolce, delicata e profumatissima) ed una di ceci e funghi (altrettanto saporosa e profumata). Di secondo optiamo per bocconcini di guancia di maiale alle spezie (cui viene abbinato un contorno di cavolo e patate al forno) ed una chianina, cotta al forno a legna, tagliata in fettine sottilissime, quasi un roastbeef, profumata con pepe, spezie ed olio di frantoio (in abbinamento ad una terrina di coccio con ceci, fagioli e farro cotti nel classico fiasco toscano). Due secondi veramente delicati e gustosi (conditi con un ottimo olio ed un pepe non troppo piccante ma profumatissimo). Di dolce un semifreddo al limoncello con miele al mandarino ed un aspic di pere con miele di cannella. Ai dolci viene abbinato un Moscato di Bava. Con due caffè, serviti in un graziosissimo servizietto in cotto smaltato e decorato (raffigurante una classica campagna toscana),
Il servizietto da caffè
acqua, un Rosso di Montalcino “Prugnolo 2003” di Boscarelli ed un whisky Laphroaig invecchiato 15 anni, spendiamo € 90,90.
Ma il bello deve ancora venire: dopo aver salutato Roberto e Luana (che effettivamente ci abbracciano e ci baciano come fossimo vecchi amici) riprendiamo l’ombrello e ci avviamo alla macchina. Fatta una trentina di metri sento la voce di Luana che ci “rincorre” sotto la pioggia: “Amici, fermatevi… la bottiglia… avete dimenticato la bottiglia!” e si, perchè del vino avevamo (soprattutto io) bevuto poco più della metà. In effetti è la prima volta che mi capita di ricevere il “droit à la bouteille” direttamente dal gestore del locale ma Luana ci dice: “Per carità, dal momento che la avete pagata è vostra. Se la lasciate sul tavolo è un peccato, per noi e per voi. Portatela a casa e terminatela con comodo”. Un altro segno della serietà e della validità della loro "politica". Inutile dire che ci siamo tornati dopo un paio di giorni: nella seconda visita abbiamo preso come entrèe una fetta di pane ammollato con sopra del tenerissimo lampredotto (la parte più compatta e magra dello stomaco bovino) condito con olio e pepe ed una fresca salsa verde (gli viene abbinato un Ceraso di una azienda vinicola delle vicinanze). Di primo una tagliatella ai peperoni gialli (cotti alla brace e spellati: in effetti il profumo che emana il piatto è proprio di camino e Claudia lo giudica leggero e gustoso), dei tagliolini allo zenzero e semi di papavero con una minima quantità di panna a crudo e di succo di limone per legare il tutto: piatto straordinario e curiosissimo. Di secondo Claudia opta per la Scottiglia: un misto di pezzi di carni bianche (maiale, agnello ecc.) cotti nel sugo di pomodoro, piatto gustosissimo, così come la mia trippa alla Fiorentina, con sugo e parmigiano: erano anni che non ne mangiavo di così buona e tenera. Di contorno optiamo di nuovo per cavolo e patate e per i legumi al fiasco. Di dolce non posso evitare di prendere la panna cotta al caffè ricoperta da uno squaglio di caramello:

da delirio papillare, con il solito abbinamento al Moscato di Bava. Con un “semplice” vino della casa (in realtà è un Rosso di Montalcino di un’azienda della zona, con un anno di botte sulle spalle, forse ancora non totalmente “svolto” ma promettente) e due caffè, spendiamo € 71,25. Un posto da raccomandare vivamente.

Gli altri due locali dove abbiamo mangiato sono, ovviamente, il nostro locale preferito: "Lillo Tatini" a Panicale (di cui mi limiterò a segnalare quanto mangiato perchè ne ho già abbondantemente parlato in precedenza) e L'Acquario a Castiglione del Lago.
Da Lillo Tatini
L'interno di Lillo Tatini (la cui atmosfera è un po' falsata dal flash)
(la cui proprietaria Patrizia, dopo un miniappartamentino da affittare a clienti e non, ha preso in gestione anche un wine bar, segnalato anche dal Gambero Rosso, per completare il percorso enogastronomico a Panicale) abbiamo preso come antipasto (dopo il classico apetizer di paninetti, preparati espressi, aromatizzati alle olive e noci, su cui spalmare del burro tiepido alle acciughe e capperi) un petto d'anatra in padella con frutti di bosco e tortino di sedani, di primo una zuppa di ceci con pane tostato e castagne per Claudia e per me dei ravioli ripieni di uova di quaglia, saltati in padella con pancetta stagionata e ricotta di Norcia (sembrano, in fin dei conti, dei "ravioli alla Carbonara" ma sono semplicemente straordinari). Di secondo un carrè d'agnello al forno ripieno di porcini, indivia, mandorle e patate mentre, per me, del germano reale all'acquavite di pere con pane al lardo. Di dolce un "Dio Pan": delle fettine di formaggio di Pienza a media stagionatura con fichi caramellati e, per Claudia, dei frutti (fico, albicocca, fragola) scavati e riempiti del relativo gelato. Con acqua, 2 caffè e due calici (uno di Contado di Di Majo Norante ed uno di Bolgheri Rosso Colle Massari) abbiamo speso 86,50.
Nell'altro ristorante testato, l'Acquario, abbiamo preso delle ottime pappardelle ai gamberi di lago e zucchine in fiore, e degli stracci al luccio e tartufo (pasta fatta in casa in entrambi i casi); i secondi erano uno spiedino di maiale con salsa alle prugne ed un coniglio con ginepro ed olive (risultava un po' secco: non mi ha convinto molto malgrado il sapore fosse buono). Di dolce una ottima bavarese al finocchietto selvatico con salsa alla menta. Con due caffè ed una bottiglia di gradevolissimo Soave di Inama, la spesa è stata di 59,60. In fin dei conti dei posti in cui tornare.