21 agosto 2006

TRE CONFERME: LILLO TATINI, BABA, OSTERIA DELL'ANGELO - Dicembre 2005

Qualche conferma di fine anno:

Finalmente, dopo le ottime esperienze estive ed approfittando del ponte di Dicembre, si va a provare anche il menu invernale di Lillo Tatini a Panicale (che di notte, con un’atmosfera “preneve” è ancora più incantevole che di giorno, soprattutto la piazzetta in discesa con la verandina di Lillo Tatini, la fontana ottagonale e l’albero di Natale).
Lo so, la foto è brutta ma avevo solo il cellulare :-(
Nella saletta interna, arredata in modo sobrio, intimo e rustico, con il legno e le luci soffuse a farla da padrone, le candele sul tavolo e Patrizia

che la sera ha molto più la possibilità di avvicinarsi al tavolo e conversare amabilmente con gli avventori (con l’intercalare classico della zona di confine tra Umbria e Toscana), si sta veramente bene (carina poi l’idea di dipingere di vari colori nei toni del rosso e del verde le lampadine bianche a basso consumo).
Si inizia, dopo i mitici crostini di pane alle noci o alle olive su cui spalmare il burro fuso con capperi ed alicetta (come sempre il burro si trova nella parte interna del coperchio di una caraffa di terracotta piena di acqua calda, per ammorbidirlo) con una Zuppa di fagiolina del Trasimeno con raviolini ripieni di tinca affumicata (veramente deliziosi) ed Umbrichelli al cinghiale e ginepro (profumatissimi e corposi), quantità e condimenti perfetti. Si prosegue con Filetto di maiale al pepe verde e fichi con verdura di stagione in crosta millefoglie (la solita scelta azzeccata da parte della mia lei) e, per me, Polpettine di cinghiale al cacao in crosta con cipolline di Cannara in agrodolce (particolarissima la cottura del cinghiale dentro l’involucro di pasta).
Per chiudere in bellezza un dolce con l’apporto calorico di un intero pranzo di nozze: Parfait al cioccolato bianco con croccante di pistacchio su squaglio di cioccolato fondente e menta….. sono ancora in coma diabetico.
Per Claudia (che si è presa una giusta pausa dalla dieta) un bicchiere di Rosso di Montepulciano della Fattoria del Cerro e per me un bicchiere di Nobile di Montepulciano DOCG Tor Calvano della Fattoria di Gracciano Svetoni, vino di ottimo corpo e di gradevolissima beva, perfetto per la cacciagione. Con acqua ed i soliti due caffè nei bicchierini bianchi e verdi con coperchietto (che la stessa Patrizia, tenendo molto alla cura della presentazione della tavola, fa espressamente realizzare, come le caraffe per il burro degli antipasti, ad artigiani del Chianti) un totale di € 66,50 SEMPRE BEN SPESI. Bonus della serata un bel cestino di Cavallucci, biscottini teneri all’anice fatti in casa, di cui la gentilissima Patrizia ci declama la ricetta (che venderemmo soltanto a peso d’oro). Con gran rammarico si ritorna dalla suocera, al freddo ed al gelo.

A Roma, invece, mi sento di confermare vari giudizi positivi sul ristorante Baba, a Tor di Quinto, dove siamo andati con DanielaD , Simona e Claudia). Per trovarlo è un’impresa: bisogna quasi arrivare allo svincolo per la Flaminia, dopo aver oltrepassato il Gran Teatro, e tornare indietro di un centinaio di metri, girare sulla destra, dove c’è un piccolo capolinea di autobus, e prendere una stradina in salita. Si arriva però… nell’ottocento: due casali rimodernati ed arredati di tavoli apparecchiati in modo piacevole.

L’arredamento di entrambi i casali è rustico e originale al contempo: librerie, appliques, quadri di (presunti) avi alle pareti, oggetti della tradizione contadina, stampi di rame e, dal soffitto a volta, pendono palle di fiori secchi con nastri colorati, luci soffuse. Alle 21 e 20, orario ferreo sarebbero le 21 ma…. siamo a Roma, Baba suona la campana

ed inizia ad illustrare la filosofia del suo ristorante, tutta volta alla tutela della salute (serenità d’animo compresa) grazie all’utilizzo di materiali biologicamente sani. Altra particolarità del locale è che il menù è a prezzo fisso ed è composto da tre zuppe, due primi, serviti direttamente ai tavoli dal personale del ristorante; per il secondo, invece, ci si alza (un tavolo alla volta, su invito del personale) e ci si serve ad un tavolo/buffet dove sono in bella mostra diverse portate. I dolci sono di nuovo portati dal personale. Ovviamente un solo turno di ristorazione a serata. Si inizia con tre zuppe, servite in tazze: Panatta Calabra con fagioli cannellini e cicoria; Cinese, con lattuga e uovo; Nordica, con cavolini di Bruxelles e castagne. Non male l’inizio, ritemprante dal freddo della serata. Si prosegue con un timballino di riso con cuore filante di mozzarella foderato da una melanzana al sugo e con un assaggio di spaghetti (un po’ troppo al dente ma gustosi) con scarola, olive, pinoli e capperi. I secondi al buffet sono filetto di maiale con funghi chiodini e finocchietto (gustoso), salsicce con verza (crauti) ed i contorni zucchine gratinate alla menta, insalata mista, patate al forno con groviera. I dolci, crostata di visciole e ricotta (mescolate insieme e non a strati, come nelle torte che si trovano nelle pasticcerie del Ghetto di Roma) e, poi, mousse al caffè. Con acqua, caffè (moka) liquori e vino (un non memorabile ed un po’ troppo debole Nero d’Avola di Cusumano, colpa mia, chiedo scusa) il prezzo è di circa 31 euro a persona. Una serata particolare, con compagnia sempre gradevole.

Altra conferma è stata l’Osteria dell’Angelo, in Via Bettolo. Il locale, anche se arricchito da un bel camino e con cucina a vista, si è ultimamente più che raddoppiato, perdendo buona parte della caratteristica (in verità abbastanza kitsch) che lo contraddistingueva. I piatti, però, sono rimasti gli stessi (anche se la quantità dei tonnarelli cacio e pepe è meno “rugbystica” del solito… il proprietario è Angelo Croce, un ex rugbysta/pugile degli anni ’70). Si comincia con pesce finto (patate e tonno) su dell’ottimo pane casereccio (la sera, si cena a prezzo fisso 25 euro o 30 con grigliata, portano anche fagioli cannellini appena tiepidi con olio sale e pepe e salsiccetta di cinghiale). Poi per Claudia la mitica cacio e pepe (tonnarelli) mentre io, che pur ero partito con quell’idea, quando ho sentito che c’era una zuppa di maltagliati con broccoli e arzilla (razza) non ho potuto resistere (altri primi disponibili: gnocchi al sugo di coda, bucatini all’amatriciana); per secondo ho preso le altrettanto mitiche polpette alla romana con pinoli e uvetta (tipicamente ebraicoromanesche – altri secondi coniglio in casseruola, carne alla brace ed altri che non ricordo), contorni: puntarelle (ottimo il sughetto a condimento con alice, olio sale pepe e limone), una caponata di zucchine, peperoni, patate e melanzane, poi cicoria ed altri. Per finire, ma non ne potevamo più, le grandiose ciambellette al vino o all’anice con Romanella (vino rosso frizzante dolce). Ottima conferma a meno di 35 euro con acqua e buon vino rosso sfuso (servizio compreso).


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