ATTO PRIMO
Dopo mesi di clausura in ufficio rieccoci, finalmente soli (senza figlie, gatti e… suocera), di nuovo in terra Umbra per tre giorni ritempranti.
La vacanza inizia con la solita fila sul raccordo per la costruzione della famigerata terza corsia tra l’Aurelia e la Cassia Veientana. Arrivati al casello di Fiano assistiamo ad un curioso fuoriprogramma con una Opel Corsa che, dopo aver tagliato la strada ad altre due macchine e fatto pari o dispari per decidere se entrare nel casello del Telepass o in quello dove si ritira il biglietto autostradale, opta per una bella frenata a ruote inchiodate e si schianta esattamente al centro della barriera tra i due caselli. Dopo esserci sincerati che la signora al volante non si sia fatta nulla, ma la macchina si…, proseguiamo verso la nostra vacanzetta. Arriviamo giusto in tempo per ammucchiare i bagagli in casa, accendere la caldaia, ripenderere la macchina ed arrivare a Castiglione del Lago (deserta), dove ci dirigiamo a La Cantina, un bel ristorante, che ha anche un adiacente punto vendita di prodotti tipici e bottiglie di discrete cantine dei dintorni con ricarichi in effetti ridicoli. Il ristorante occupa il piano terra di un bel palazzo del Settecento, con uno splendido giardino con vista sul lago Trasimeno. Intanto noi ci godiamo la grande sala interna del locale dalle volte a vela, il grande camino e una trovata caratteristica: in due grandi botti sono “incastonate” le porte che permettono di accedere rispettivamente alle toilette e al punto vendita.
La cucina, di carne e di pesce, propone quasi esclusivamente prodotti del circondario: Claudia opta per una bella tagliata di manzo al radicchio e pecorino (€ 18, pochi, in fin dei conti, per un bel pezzo di Chianina tenerissima e gustosamente cotta alla brace) ed io per un Menu Trasimeno, consistente in un antipasto con crostini dalle uova di carpa (gustosi e atipici), spaghettoni ai sapori del Trasimeno (anche qui carne e uova di carpa, con sapori non uccisi dal sugo di pomodoro), Carpa Regina in porchetta con spinaci saltati e, infine, bavarese al mandarino (forse con la consistenza più di una panna cotta che non di una bavarese ma dal sapore delicato e sfizioso). Con acqua, due caffè e una bottiglia di Rosso di Montepulciano del Poggio alla Sala 2004 (€ 10), un totale di € 55,00. Un ottimo inizio di vacanza con piatti gustosi, ben presentati ed un servizio in sala sempre cortese e veloce. Una cooperativa giovane sicuramente da incoraggiare e aiutare nel cammino.
Per la cena ci “limitiamo” a due belle bistecche di chianina cotte in casa, tanto nei prossimi giorni avremo di che mangiare……
ATTO SECONDO
Il secondo giorno (sole pieno) è dedicato ad un bel giro di Montepulciano. Il centro storico è aperto solo al traffico locale ma, ugualmente, sembra di stare in via del Corso a Roma. Dopo una bella scarpinata di un’oretta (non perdetevi la bella Piazza Grande, dove sono anche le rinomate e visitabili cantine Contucci, dove si possono ammirare botti gigantesche e bottiglie di vini anche del 1887) optiamo per una ritemprante sosta alla Trattoria Acquacheta. Il locale è praticamente scavato nelle viscere di un palazzo ed arredato in simil fraschetta, con travi a vista e fascine di legna appese al soffitto. Le due ragazze ai tavoli sono anche qui cortesi e veloci (una costante riscontrata durante tutta la vacanza: tutti i piatti, in ogni ristorante, sono arrivati in brevissimo tempo pur essendo tutti al giusto punto di cottura). Prendiamo, in apertura, due carciofi ripieni di pecorino e Montasio (ottimo connubio, gustosi e teneri), una frittata alle erbette e finocchietto selvatico (profumatissima) con microscopica dadolata di pomodori (nella frittata), un involtino di tacchino con ripieno di zucchine e scamorza, ed una tasca di tacchino con spinaci. Di dolce, il bello del pranzo: due cucchiaiate giganti di ricotta fresca di pecora con miele ed una mousse al mascarpone con tartufo marzolo a scaglie (per me, cui non piace il tartufo,…. Grandiosa! in quanto il sapore del tartufo è molto delicato e non potente come nei tartufi invernali). Ovviamente, trattandosi di una trattoria, un mezzo litro di Montepulciano base. Con due, necessarissimi, caffè un totale di 38 euro, mancia compresa. Un posto in cui tornare per provare altri piattini sfiziosi letti sulla carta (nel vero senso della parola, in quanto il menù viene scritto giornalmente a mano dalle due ragazze su fogli di cartapaglia gialla, come un tempo). Proseguiamo nella passeggiata fino ad una rameria, dove compriamo un po’ di regalini vari, anche per noi stessi (cinque belle formine in rame stagnato per preparare tante belle pannecotte e bavaresi). Poi si torna a casa, per prepararci alla tappa principale della nostra agognata vacanza: Lillo Tatini. Arriviamo a Panicale, dopo aver vagato come al solito per le colline umbre (ogni volta che vado a Panicale percorro una strada diversa e, regolarmente, faccio il classico “giro di Peppe”): essendo già calata la sera, Panicale è deserta e splendida, con i suoi muri rossi medievali che ti avvolgono ad ogni passo. Un paese incantevole, che mi affascina ogni volta di più. Lillo Tatini ci si presenta con le sue luci sobrie: dominando la piazzetta medievale del paese, con tanto di fontana ottagonale, non poteva essere altrimenti. Patrizia ci riconosce da dentro il locale, prima ancora di vederci entrare, e ci saluta con la mano: la sua accoglienza, d’altronde, è sempre squisita. Evito di descrivere per l’ennesima volta l’interno del locale e passo alle portate (il menu è stato cambiato proprio due giorni prima, virando dall’invernale al primaverile): dopo la solita entrata (ormai orribilmente definita “apetizer”) offerta da Patrizia (bruschettine di pane sciapo, panini alle noci ed al formaggio su cui spalmare il burro fuso con capperi ed alicetta), divorato in pochi secondi, Claudia sceglie alla carta mentre io, come mio solito, dedico la serata ad uno dei menu degustazione. Per lei una lasagnetta (in terrina di coccio) con salsa di coregone e tinca affumicata con basilico e melanzane (forse il miglior primo piatto mangiato da Lillo Tatini) e, per secondo, bocconcini di controfiletto di vitellone al lardo di Colonnata con crespelle al porro (€ 18). Io opto per il menu “Storie Umbre” composto da (“Regali dell’aia”) coppa antica con bollito misto di maiale al profumo di arancia e noce moscata con fagiolina del Trasimeno; (“Trebbiatura”) tagliatelle, fatte a mano dalla cuoca, al ragù di maialino e vitellone e, di secondo (“Quel ghiottone del fattore”) coniglio ripieno alle olive su insalatina di finocchi, tagliati sottilissimi ma veramente saporiti a contrastare il coniglio. Tutto ottimo. Ad accompagnare le portate due calici di vino: un Teresa Manara Rosso 2002, a base Negramaro, vino pieno e gradevolissimo all’olfatto ed al palato, ed un Duerosso 2004, a base Merlot e Sangiovese, de La Fattoria La Monacesca, vino forse ancora giovane e non ben svolto ma gradevole e dai tannini non troppo marcati. Con due caffè e quattro chiacchiere con Patrizia a fine cena, parlando di hobby comuni, € 75,50. Da Lillo Tatini mangerei tutti i giorni: è come essere in casa propria (per l’accoglienza e l’arredamento) nei giorni di festa (viste le portate).
Nella foto la panoramica dalla fontana della piazza principale di Panicale fino a Lillo Tatini.
ATTO TERZO
L’ultimo giorno lo dedichiamo a Città della Pieve: è sabato mattina e facciamo anche due passi tra i banchi del mercato. Il tempo è splendido ed invita a godere ancora di più la bellezza del centro storico (per fortuna non c’è neanche traccia dei “carabinieri”, visto che a Città della Pieve girano la serie televisiva di Canale5, certo che però… la Arcuri… la Canalis… la Marcuzzi…)
Ci indicano, per il pranzo, l’Antica Trattoria di Bruno Coppetta, che si incontra salendo lungo il corso principale. Il locale, composto da un unico salone, orrendo al primo impatto visivo (pareti salmone, soffitto color crema e luci soffuse azzurre, con grandi areatori per l’aria condizionata ogni due metri!!! e al piano di sopra ci sono altre due sale completamente occupate da comitive di turisti): in una “trattoria” di un paese medievale tra Umbria e Toscana ti aspetteresti travi a vista e pavimenti in cotto, invece il locale è arredato in stile ultramoderno. Il servizio è comunque degno di una trattoria di paese: estremamente cortese e superveloce, malgrado le circa 250 persone presenti nel locale. La nota positiva è che la gran parte di esse sono del luogo, segno che il locale vale la segnalazione che ci hanno fatto.
Iniziamo con due risotti ai carciofi, portatici in meno di 5 minuti ma veramente ben mantecati e con sapore equilibrato (forse leggermente passato di cottura il riso); poi due belle fette di cosciotto di maialino per Claudia e un cinghiale alla cacciatora (ma con il sugo) per me; due insalate miste ed una bottiglia di Rosso di Montepulciano 2004 della Fattoria del Cerro (senza infamia e senza lode) portano il conto a € 48 (onesto). La particolarità del locale, oltre l’esodo biblico che attraversa la porta d’accesso in continuazione, è la presenza, in vari tavoli, di molti avventori inconsapevoli sosia di personaggi più o meno famosi: Van Damme, Camilleri, il pilota di F1 Jacques Laffite, il comico pelato Sarcinelli, Bernard Blier, Sergio Endrigo, due ragazzini uguali uno al Signor Spock di Star Trek ed uno a Starsky (questo almeno era caruccio), nonché la sosia di……. mia cugina, hahaha. O forse in questi ultimi giorni ho mangiato e bevuto troppo ?!? Ah: c’era anche Leo Gullotta (quello vero) che sta recitando in questi giorni a teatro L’uomo, la bestia e la virtù, di Pirandello.
Questi tre giorni ci hanno veramente ritemprato e reincicciottato, ma siamo già proiettati verso la prossima fuga…. Sarà che ci abbiamo preso gusto!!
Ed eccomi “strammato” su una panchina del parco della Rocca (e dell’ospedale) di Castiglion del Lago.
Nessun commento:
Posta un commento