12 settembre 2006

I MIEI ATTORI ROMANI PREFERITI

Degli attori romani ho sempre amato in particolar modo non tanto gli ultraosannati Alberto Sordi (pur strepitoso in Un americano a Roma, e in mille altri film girati dagli anni '50 ai '90),

"Albertone" nel film, di Steno, Un americano a Roma e in un "incontro-scontro" con Totò

Carlo Verdone (forse il primo dei "nuovi comici", con Troisi, Benigni ecc.),

Carlo Verdone e la "Sora" Lella Fabrizi nel film Bianco rosso e Verdone

Enrico Montesano

Qui nel film "Il conte Tacchia"

o Gigi Proietti (un vero e proprio mattatore, straordinario soprattutto a teatro),

L'esilarante nonnetto racconta favole di A me gli occhi Bis

quanto il bonario (magari solo apparentemente, visto che il suo carattere sembrava non essere proprio dei migliori) Aldo Fabrizi,

Aldo Fabrizi in una sua tipica espressione

Paolo Panelli e sua moglie Bice Valori,

Paolo Panelli e Bice Valori

e Nino Manfredi (che proprio Romano non era, essendo nato a Castro dei Volsci in provincia di Frosinone, ma che incarnava lo spirito ironico, signorile ma pungente, tipico dei romani, nel migliore dei modi, tanto da impersonare la figura di Pasquino nel film di Luigi Magni Nell'anno del Signore).


Manfredi/Pasquino e con Paolo Panelli in Canzonissima

Come dimenticare la tragica ma splendida interpretazione di Aldo Fabrizi (insieme a quella di Anna Magnani) nel ruolo di Don Pietro Pellegrini, fucilato dalle SS. nel film Roma città aperta?

Fabrizi e la Magnani in due scene di Roma città aperta, di Roberto Rossellini

In particolare, a questi due attori, si devono le morti (cinematograficamente parlando) forse più "belle" del cinema italiano (insieme alla fucilazione del soldato Alberto Sordi, prima vigliacco poi eroe, ne La grande guerra).

Sordi e Gassman ne La Grande Guerra, di Mario Monicelli

Fabrizi, con la sua aria bonaria, imbronciata, la tipica flemma capitolina, l'ironia sorniona ed il sottile cinismo, fu capace poi di rappresentare, in mille film anche estremamente divertenti (da La Famiglia Passaguai a mille altri, magari in coppia con Totò come nel mitico Guardie e ladri),

Totò e Aldo Fabrizi nel film Guardie e ladri

le difficoltà ma anche le gioie e la semplicità della vita in Italia durante e dopo la seconda guerra mondiale. Una delle sue ultime interpretazioni fu quella di Mastro Titta, nella versione teatrale della commedia musicale Rugantino, di Garinei, Giovannini e Trovajoli (che rimane una delle migliori mai rappresentate grazie anche alle due canzoni, diventate dei classici, "Roma, nun fa la stupida stasera" e "Ciumachella de Trestevere").

Aldo Fabrizi "Mastro Titta" in Rugantino

Mastro Titta (che di "secondo lavoro" fa il boia) è l'incarnazione del tipico oste romano, ma dal cuore d'oro, che attende il premio pontificio (spettante alla trecentesima capoccia mozzata) per sognare ancora la vita coniugale (la moglie e scappata di casa anni addietro lasciandolo solo con il suo figliolo - per giunta scemo - Bojetto) e, su consiglio di Rugantino (che sarà, fatalmente, proprio la trecentesima vittima di Mastro Titta... "A Ruganti'... 'na botta e vvia!"), barattare il premio con la concessione del divorzio, così da potersi risposare e ritrovare la gioia di "una donna dentro casa". Il personaggio di Mastro Titta è stato, in effetti, costruito su misura da Garinei e Giovannini per la dialettica e le movenze fisiche di Aldo Fabrizi (tanto che l'attore accettò la parte senza neanche aver letto il copione). Bellissime sono le due scene in cui, davanti a Rugantino messo alla gogna, "canta" in modo ilare la gioia di avere una donna dentro casa e poi, in cella, la notte prima del ghigliottinamento di Rugantino, incarna alla perfezione la figura tragica del boia "inconsolabile" che la mattina seguente dovrà uccidere quello che considera ormai un figlio.

E' bello ave' 'na donna dentro casa,
'na rondine 'ndifesa
c'hai preso sott'ar tetto.
Magari fa la cresta su la spesa
ma, poi, te da 'n bacetto.
E il bacio comiugale
è come 'n'anticammera amorosa
'Na donna dentro casa è 'n'antra cosa!

E' bello ave' 'na donna che sparecchi
ma lascia er bocaletto
accanto a du' bicchieri,
pe' fasse 'nsieme l'urtimo goccetto
che scaccia li pensieri.
Perchè si bbevi solo
è come si bevessi... Acqua 'cetosa
'na donna dentro casa è 'n'antra cosa!

E' bello ave' 'na donna dentr'ar letto
che quanno che se mòve
te da un calore umano.
'e si pe' caso poi 'na notte piove
la svegli piano piano,
pe' dije: "Aho..... cicicici, tztztztz
...... sta piovendo! .....Che vogliamo fare?!"
E lei te s'arrinnicchia freddolosa
'na donna dentro casa è 'n'antra cosa!

(dopo il "freddolosa" Fabrizi, durante le riprese televisive della commedia, "inserì" la frase "Era ora che piovesse", quasi come fosse una risposta della sua donna; anche Montesano-Rugantino
si mise a ridere e scrosciò l'applauso. Fabrizi era la disperazione dei suoi colleghi perchè spesso e volentieri "inseriva" delle frasi e, come con Totò,...... non restava che andare "a braccio". Manfredi racconta che: "C'era solo un picolo problema: quello che lui chiamava "modeste aggiunte". Fabrizi era un parlatore ed un improvvisatore da cui perfino Walter Chiari sarebbe potuto andare a lezione. Nei tre anni dello spettacolo fu una guerriglia continua tra lui e G&G combattuta alla romana. Una sera , dopo la recita del 25 Dicembre, a cena, Fabrizi fece trovare dentro i tovaioli dei due autori questa letterina in versi firmata da Mastro Titta:

"A Pietro e Sandro"

Ormai so' tre Natali
e Rugantino a 'sto monno e a quell'antro se fa onore;
e fijo de gente sana e sangue e còre
se vede che funzioneno a puntino.

Mastro Titta però, sarà un destino,
n' sera si e na' sera sissignore
fa perde la pazienza ar Direttore
pe' via che gioca come un regazzino.

E pure si ner carcere s'impegna
'na lagrima nun basta a riscattallo
si dopo un G s'incazza e un G s'infregna.

Puro se ognuno ha li difetti sui,
a Natale direi de perdonallo
perch'er primo a soffricce è proprio lui.

Benanche che dar pubbrico s'avverte
che invece de soffricce se diverte.


Come non ricordare poi tutte le macchiette televisive di Fabrizi: lo scolaro, lo sciatore, il tramviere, e la sua frase-tormentone: "C'avete fatto caso?!" e come dimenticare l'amore spassionato per la buona tavola, in particolar modo per la pasta? Sono memorabili i suoi libri di cucina, nei quali le sue ricette non sono semplicemente scritte ma trasposte in forma di sonetti. Ne riporto alcuni:

Er primo pasto
Quanno mi madre me stacco' dar petto
e me se presento' cor semmolino,
buttai per aria tazza e cucchiarino
creando er primo caso de "riggetto".

Ormai non me sentivo piu' pupetto,
pe' via ch'avevo messo gia' un dentino,
provo' a ridamme er latte... genuino,
ma protestai co' un minimozzichetto.

Lei fece un urlo senza intenne er dramma,
ma come la potevo contesta'
si ancora nun dicevo manco mamma?

Mi padre disse: "Soffre de nervetti".
E quieto quieto comincio' a magna'
'n'insalatiera piena de spaghetti.


Er sogno
Me pareva de sta su 'na montagna,
e urlavo in un megafono spaziale:
«Popolazione mia che campi male,
accostate qua sotto che se magna.»

Poi come fussi er Re de la Cuccagna
buttavo giù, pe' un'orgia generale,
valanghe de spaghetti cor guanciale,
ch'allagaveno tutta la campagna.

E vedevo signori e poveretti,
in uno sterminato affollamento
a pecorone sopra li spaghetti.

Quann'ecchete, dar cielo, sbuca Dio,
co' un forchettone in mano e fa:
«Un momento... Si permettete... ce sto pure io! ».


Un giorno da leone
Quanno la cinquantina è superata,
s'ammonisce la massima attenzione,
"leggero a cena, niente a colazione"
e l'ottantina è quasi assicurata.

Ma oggi che se campa a la giornata,
chi la rispetta più 'st'ammonizione?
E' mejo a vive un giorno da leone
che trent'anni da pecora affamata.

Chi conta li bocconi e le bevute
e se controlla da matina a sera,
finisce pe' fregasse la salute.

E poi je po' succede, sarvognuno,
che, nun sia mai, rischioppa n'antra guera,
arischia pure de morì a digiuno.


MEZZANELLI RIPOSATI
'Sto piatto è più sicuro che s'azzecchi.
Se fa er sughetto dentro ar tigamino,
co' l'ajo, l'ojo, un ber peperoncino,
pelati, tonno a pezzi e funghi secchi.

De sughi jotti ce ne so' parecchi,
ma questo è proprio un sugo signorino,
e in quanto a la scarpetta, 'sto piattino
è facile che ognuno se lo lecchi.

Quanno la Pasta è pronta pazientate...
siccome ch'è più bona riposata,
contate fino a cento e poi magnate.

Prima però nun ve dovete move...
come succede a me, che la contata
l'attacco sempre da novantanove.


LA DROGA
Quanno ch'er tossicomane è novizio,
sia marujana, ascìsce o cocaina,
se pò curà e guarì, ma la rovina
è quanno er male nun è più a l'inizio.

Li primi giorni, pe' carmà er supplizio
de quelli intossicati de morfina,
co' 'na puntura d'acqua e simpamina
je fanno er trucco pe' ingannaje er vizio.

C'è un trucco p'ogni specie de drogato,
presempio a un cocainomane,
je danno'na pizzicata de «bicarbonato».

Ma ar caso mio, mannaggia li pescetti,
che so' Pastasciuttomane, che fanno?
Me fanno 'n'ignizione de spaghetti?


SPAGHETTINI ALLA SCAPOLA
Tu moje, doppo er solito trasloco,
se gode co' li pupi sole e bagni,
e tu, rimasto solo, che te magni,
si nun sei bono manco a accenne er foco?

Un pasto in una bettola, a dì poco,
te costa un occhio appena che scastagni;
si te cucini invece ce guadagni
e te diverti come fusse un gioco.

Mo te consijo 'na cosetta cicia
ma bona, pepe e cacio solamente,
che cor guanciale, poi, se chiama Gricia.

E m'hai da crede, dentro a quattro mura
magnà in mutanne...senza un fiato...gnente...
se gode più de' la villeggiatura.

Così come è impossibile dimenticare i mille sketch televisivi di Paolo Panelli e Bice Valori (entrambi con una voce ed una cadenza particolarissime e divertentissime già a prescindere delle battute) o la macchietta del barista di Ceccano di Nino Manfredi "Fusse che fusse la vorta bbona" (memorabile fu poi l'incontro di Nino, romanista, con il laziale Mario Riva in una puntata del Musichiere, così come simpatica è la figura di "Piede Amaro" nel film Audace colpo dei soliti ignoti, di Nanni Loy). Ma l'interpretazione (tra le tante, in verità) che io trovo sensazionale di Nino Manfredi è quella del Mastro Geppetto, nel Pinocchio di Luigi Comencini: ancora oggi, ad oltre trent'anni dalla prima messa in onda, vengono ancora i brividi quando si vede Geppetto-Manfredi cadere in preda allo stupore-felicità di veder realizzato il suo sogno di diventare padre "del ciocco di legno divenuto bambino".


Una curiosità finale: praticamente quasi tutti gli attori che ho menzionato in questo post, hanno a che vedere con la rappresentazione teatrale di Rugantino: nella versione teatrale Fabrizi fu Mastro Titta; Manfredi e Montesano furono Rugantino; Bice Valori fu Eusebia (donna di Rugantino e poi sposa di Mastro Titta). Tanto per chiudere il cerchio...

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