13 dicembre 2011

SANTA LUCIA... FACCE LA GRAZIA !

Il 10 marzo 2011 avevo già partecipato al contest/appello di CARIS per la Fondazione Santa Lucia.


Il Santa Lucia è forse il maggior centro riabilitativo del centro Italia: ci lavorano centinaia di medici ed infermieri specializzati in riabilitazione neuromotoria e, purtroppo altrettante centinaia di persone (tra cui circa 200 bambini su 350 pazienti) devono farvi ricorso per cercare di riottenere una vita dignitosamente vivibile dopo aver subito una malattia invalidante o essere rimasti vittime di incidenti stradali o sul lavoro.
Tra l'altro le sezioni sportive (nuoto e basket in carrozzina) hanno portato alla struttura decine di titoli italiani ed europei, singoli e di squadra.
Purtroppo, anche (ma non solo) per la grave crisi economica (ed i tagli che vanno a colpire sempre le stesse categorie: pensionati, strutture sanitarie o della pubblica istruzione), il Santa Lucia rischia di chiudere entro la fine del 2011, anche se una piccola luce di speranza si è riaccesa proprio in queste ore...
Io ho avuto mio zio e mio suocero colpiti da malattie neuromotorie, e proprio mio suocero è stato ricoverato al Santa Lucia per circa 5 mesi, per cui so bene quali problemi debbano affrontare le famiglie delle persone colpite da malattie che non risparmiano, purtroppo, neanche i bambini (e Caris ne è la prova avendo un suo bimbo, colpito da compressione midollare, che di terapia riabilitativa ha continuo bisogno).
Per me è quindi quasi obbligatorio partecipare a questo ennesimo appello, proprio nel giorno in cui si celebra la santa che da il nome alla Fondazione, sperando ...in un miracolo... (tanto a questo pare siamo ridotti, in questo periodo...).
Al Santa Lucia, in questa occasione, voglio simbolicamente donare la ricetta del mio Pangiallo, un dolce tipico, con le dovute varianti, di tutto il centro Italia che si prepara fin dall'antichità con la frutta secca ed il miele in occasione del Solstizio d'Inverno. E' giallo in quanto si differenzia dal Panpepato per la presenza di una copertura a base di zafferano, che gli da colore e relativo nome, e sta a simboleggiare il futuro avvento del nuovo sole primaverile, con la conseguente rinascita delle colture dei campi.
E che il Pangiallo sia di buon auspicio anche per un radioso futuro per il Santa Lucia e per i suoi pazienti grandi e piccoli.


PANGIALLO

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INGREDIENTI (per un panetto da un chilo o per due da 500 grammi):
100 gr. di uvetta sultanina
100 gr. di fichi secchi
50 gr. di mandorle
50 gr. di nocciole
50 gr. di pinoli
50 gr. di noci
75 gr. di cedro candito
75 gr. di arancia candita
50 gr. di cioccolato fondente
150 gr. di farina + un paio di cucchiai a parte
100 gr. di zucchero a velo
150 gr. di miele liquido
Mezza noce moscata grattugiata
Mezzo cucchiaio di pepe nero grattugiato

PER LA COPERTURA:
Una bustina di zafferano
Due tuorli d’uovo
Due cucchiai di farina
Un cucchiaio di zucchero a velo


PROCEDIMENTO: Tagliare in quattro ogni fico secco e mettere i tocchetti in una capace ciotola in cui avrete aggiunto gli altri ingredienti “secchi.
Amalgamare bene tutti gli ingredienti, con le mani, dopo aver aggiunto i 150 grammi di farina: questa operazione farà si che i canditi e l’uvetta, più appiccicosi, resteranno ben separati dagli altri ingredienti.
In una capace pentola, con un paio di cucchiai di acqua, aggiungere lo zucchero a velo ed il miele, mescolando finché il composto non inizierà a fare delle bollicine sui bordi. A questo punto togliere la pentola dal fuoco e versare il composto secco su quello dolce, amalgamando bene il tutto per circa un minuto. Una volta ottenuto un composto omogeneo capovolgerlo su un piano di lavoro spolverato con due cucchiai di farina e dargli la forma di un grosso panetto, o due più piccoli: io mi sono aiutato compattando il composto in una piccola insalatiera rivestita con pellicola da cucina e poi capovolgendo il tutto sulla teglia da forno.

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Preparare la pastella di copertura sbattendo i due tuorli con la farina, lo zucchero a velo e lo zafferano lasciato rinvenire in un paio di cucchiai di acqua tiepida.

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Spennellare con la pastella la superficie del pangiallo quindi infornarlo, ponendolo su una teglia coperta con un foglio di carta forno, per 30/35 minuti a 170°.
Alcune varianti prevedono, per la pastella, l’uso di due cucchiai di olio al posto dei tuorli d’uovo oppure la semplice spennellata dei panetti con l’uovo sbattuto, senza l’aggiunta degli altri ingredienti.

05 dicembre 2011

RITARDO MAN

Con ultrastracolpevole ritardo riesco a pubblicare il meme dei 7 links project che mi ha passato la cara amica Ancutza. Le chiedo nuovamente scusa per il ritardo ma... LUI mi ha rubato un po' di tempo in queste ultime settimane.
Ma veniamo al meme... questi sono i miei 7 post

LA RICETTA PIU' BELLA: IL GRANDE FORNELLO
In effetti non si tratta di una ricetta vera e propria ma... come la intendete voi una delizia (durata 3 giorni... una vera e propria "grande abbuffata", e non solo di cibo ma di amicizia e simpatia) nata dall'entusiasmo di 7 foodblogger (e relative famiglie, che pure, tutti insieme, non si erano mai intcontrati prima) rinchiusi in un agriturismo orvietano (tutto per noi, chiavi e cucina professionale comprese).
Panta rei, dicevano i greci, ma l'emozione, il divertimento e l'allegria di quei tre giorni sono stati una perfetta alchimia di ingredienti diversi... come in una ricetta perfetta.

IL POST IL CUI SUCCESSO E' ARRIVATO INASPETTATO: LA TORTA AL CIOCCOLATO CON RIPIENO DI NUTELLA E MASCARPONE (ma avrei anche potuto citare IL POLPO AL FORNO CON LE PATATE, preso dall'amica Antonella).
Questa torta mi ha sorpreso non certo per il gusto (chi non ama la Nutella? Saranno una decina in tutta Italia...) quanto per il fatto che prepararla è di una semplicità disarmante: si prepara in meno di un quarto d'ora e... non dura altrettanto!!!

IL POST PIU' POPOLARE: LA CACIO E PEPE DI "JAJO-COLONNA"
Eh si perchè, per un'altra ricetta abbastanza semplice, questa volta della cucina romana, tanti sono stati i commenti e le richieste d'aiuto. Io ho provato a farla seguendo pedissequamente le indicazioni di Antonello Colonna, che della "cacio e pepe" ne ha fatto un cavallo di battaglia, ma... continuo a preferire il mio metodo :-D

LA RICETTA CHE NON HA AVUTO IL SUCCESSO CHE MERITAVA: IL COTECHINO CON LA FAGIOLINA DEL TRASIMENO
In questa ricetta ho voluto andar contro gli stereotipi gastronomici di fine anno sostituendo la lenticchia con la fagiolina del Trasimeno e, devo dire che il risultato ci ha stupito molto, a me e Claudia: la delicata fagiolina lega alla perfezione con la sapidità del cotechino, forse addirittura meglio della lenticchia (che ha un sapore un po' più deciso). Evidentemente non vi siete fidati di me :-)

LA RICETTA PIU' CONTROVERSA: LA TORTA ZEBRATA ARCOBALENO
Controversa perchè, malgrado l'effetto cromatico di sicuro impatto che si ottiene, molti non gradiscono utilizzare i coloranti alimentari (preferendo utilizzare verdure per il verde, rape rosse per il rosso intenso, carote per il giallo ecc., anche se si rischia di alterare un po' il sapore della torta).
Io, però, qualche goccia di colorante alimentare ogni tanto me la voglio concedere... tanto perchè un po' di colore ogni tanto nella vita ci vuole :-D

IL POST PIU' UTILE: IL VOLO DELLE 99 COLOMBE
Bhe, con questo post mi piace vincere facile: e non c'è bisogno di starlo tanto a spiegare perchè l'iniziativa dei foodblogger è arrivata perfino sui giornali, alla radio ed in televisione. Ma quando si tratta di aiutare qualcuno in difficoltà il popolo dei foodblogger si "stringe a coorte" in un attimo con entusiasmo.
Purtroppo l'iniziativa, che pure è servita a ridare coraggio alla popolazione de L'Aquila colpita dal tremendo terremoto di due anni fa ed in particolare agli aquilani che lavoravano nell'azienda dolciaria delle Sorelle Nurzia (tanti sono stati gli ordini che due donne sono state riassunte per far fronte alle richieste di spedizione di torroni e panettoni), dicevo purtroppo l'iniziativa non ha potuto aiutare più di tanto troppe persone che vivono ancora in casette prefabbricate o in albergo e che vedono ancora scruro il proprio futuro: a loro rinnovo il mio in bocca al lupo...

LA RICETTA DELLA QUALE VADO PIU' FIERO:
Beh, in questo caso mi permetterete una "deroga", in quanto le ricette sono due e mi riportano entrambe all'infanzia visto che a prepararle erano sempre mia nonna e mio nonno. Della prima ricorderò sempre, tra le altre mille cose, gli strepitosi POMODORI AL RISO, cotti nel forno a legna del paese in cui passavamo tutte le vacanze estive; mentre di nonno Ottavio non posso non avere nel cuore il mitico (mi ha anche permesso di vincere un contest della Voiello, anche se fino all'ultimo ero stato in dubbio di mandare la ricetta) CAPPONE DI GALERA.
Non aggiungo altro ma vi invito a cliccare sui due relativi link: vi leccherete i baffi (e, spero, vi commuoverete un pochino).

Purtroppo sono arrivato talmente in ritardo con questo meme che ho visto che praticamente tutti lo hanno già fatto, quindi... lo passo a chi non si è ancora cimentato e vorrà farlo...

P.s.: non ho messo le foto perchè altrimenti vi accontentate di vedere quelle e non cliccate sui link... PELANDRONI !!!! hahahahahaha

28 novembre 2011

MARCHE 2011 - LORETO

Cosa dire di Loreto?
E' una delle maggiori mete religiose italiane: il paesino è raccolto e deliziosamente affacciato a 360° sulle Marche.
Perfino io, che proprio devoto devoto non mi professo, sono rimasto affascinato dal complesso della Basilica della Santa Casa: visto che l'intero paese vive delle ondate di devoti, pensavo che fosse molto più votato alla vendita di ricordi religiosi, come in molti altri posti accade, invece ho trovato tutto molto "a misura umana"... dove si tocca quasi materialmente la fede dei fedeli che vanno nella basilica per ammirare la casa della Vergine Maria, portata qui in volo, attraverso varie tappe intermedie, direttamente da uno stuolo di angeli per salvarla dalle minacce musulmane. Proprio per questo la Madonna di Loreto è la protettrice degli aviatori (e per questo, appena fuori le mura della cittadina, si può ammirare uno splendido esemplare Aermacchi MB-339 delle Frecce Tricolori).
Da ammirare, oltre la basilica (cui lavorarono il Vanvitelli, Baccio Pontelli, il Bramante, il Sansovino, Giuliano e Antonio da Sangallo), la bella fontana sulla piazza (opera di Carlo Maderno e Giovanni Fontana) e due statue riproducenti alla perfezione Papa Sisto V e Papa Giovanni XXIII.
E se cercate un posto dove mangiare noi ci siamo trovati molto bene, devo dire a sorpresa, in quanto mi sarei aspettato una cucina un gradino più sotto come livello (praticamente turistica): ed invece abbiamo mangiato delle ottime tagliatelle ai porcini (con più porcini che tagliatelle) e braciola di cinta senese, a prezzi bassi (altra sorpresa) alla TRATTORIA NORMA, proprio alle spalle della basilica, sulla sinistra (in coda al post i riferimenti).

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La Santa Casa della Vergine Maria

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TRATTORIA NORMA: Vicolo P. Carlo A. Sertori, 6 (angolo Piazza Giovanni XXIII),
telefono 071 977300


16 novembre 2011

TIMBALLO DI ANELLETTI ALLA PALERMITANA (ALLA JAJO)

E rieccomi qui, ma stavolta senza niente di romano, anzi... questa ricetta è siciliana, palermitana per la precisione. Ho voluto assolutamente provare, durante le vacanze sicule dello scorso anno, questo piatto di cui avevo letto da diverse parti e... non ha deluso le aspettative, tanto che poi mi sono dato da fare per cercare gli anelletti anche a Roma e, da bravo ariete ascendente ariete, non mi sono dato per vinto e li ho trovati !
Come mio solito, però, ho voluto "rivisitare" la ricetta (ispirandomi a quella dell'amica EVELIN, palermitana DOC) e la voglio dedicare, vista la facilità di realizzazione, la bontà e... il sorriso che dona il semplice vedere il piatto pronto, ad Alice Ginevra ed ai ragazzi della Cooperativa Sociale Gulliver di Borghetto di Vara (che purtroppo non se la stanno spassando proprio bene in questi terribili giorni). Sono sicuro che Alice Ginevra non me ne vorrà se divido il suo "regalo" con loro.
Patrizia, che si è fatta promotrice di questa iniziativa tra blogger (mentre le sue due splendide figlie sono in strada a fare gli "Angeli del fango", cercando di far tornare per quanto possibile Genova alla vita di tutti i giorni) li ha presentati qui, ma confesso che non c'è bisogno di tante parole per sentirsi coinvolti: basta vedere le foto sul suo blog, o questo filmato al minuto 7, per partecipare a questa iniziativa (che non è un contest, un concorso ma ...semplice solidarietà umana), cercando di ridar loro quantomeno un sorriso che possa aiutarli a rialzare la testa, rimboccarsi le maniche e cercare di ricominciare, per la seconda o terza volta, una vita che non sarà più come prima e che lascerà immagini amare dentro i loro occhi per sempre.
Auguro ad Alice Ginevra di crescere sana apprezzando i buoni sapori, sperando non dica mai (ma di questo sono sicuro) "che schifo", come a troppi bambini sento dire ogni giorno; ed agli anziani, ai bimbi ed ai disabili della Cooperativa Gulliver auguro, invece, di poter guardare ancora con fiducia alla vita.
A tutti voi dedico questo

TIMBALLO DI ANELLETTI

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INGREDIENTI (per 6 persone):
500 grammi di anelletti
(io ho trovato i Tomasello ma li fa anche la Barilla)
3 salsicce macinate a grana grossa
funghi porcini secchi
200 grammi di piselli prelessati
mezza cipolla piccola
olio extravergine d'oliva
1 bottiglia di salsa di pomodoro
mezzo gambo di sedano
mezzo bicchiere di vino rosso secco
2 fette di mortadella (facoltativa)
pangrattato
parmigiano grattugiato
una grattatina di pepe nero

PROCEDIMENTO: ho preparato un soffritto con la mezza cipolletta, il sedano e l'olio, cui ho aggiunto dopo pochi secondi, le salsicce aperte e schiacciate con i rebbi di una forchetta.
Ho aggiunto il vino rosso e lasciato evaporare l'alcool, quindi ho aggiunto anche la salsa di pomodoro e mandato in cottura, a fiamma media, per una ventina di minuti.
Ho quindi aggiunto i funghi porcini, dopo averli fatti rinvenire in acqua calda (che ho unito, dopo averla filtrata, al sugo).
Dopo altri cinque minuti ho aggiunto anche i piselli (essendo fuori stagione ho dovuto usare quelli in barattolo) e terminato la cottura per altri 10 minuti circa, lasciando il sugo un po' liquido (ma non troppo).
Nel frattempo ho messo a cuocere gli anelletti, scolandoli al dente dopo 7/8 minuti ed unendoli poi al sugo, mescolando bene.
Ho unto una pirofila e l'ho spolverata abbondantemente con del pangrattato.
Ho fatto uno strato di anelletti al sugo (circa 3 mestoli), l'ho ricoperto con le due fette di mortadella e, quindi, con i rimanenti anelletti.
Con dell'altro pangrattato ho spolverato la padella in cui ho preparato il sugo, raccogliendo quello rimasto, e ci ho spolverato la superficie del timballo assieme a due o tre abbondanti manciate di parmigiano grattugiato ed una grattatina di pepe nero.
Ho infornato il tutto a 200° per una decina di minuti e servito non appena il forno ha iniziato a... profumare casa.

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Ad Alice Ginevra auguro buon appetito futuro...


Ai ragazzi (dai 0 ai 100 anni) della Cooperativa Gulliver (della quale qui sotto trovate il codice IBAN in caso vogliate donare, come farò io, qualcosa per aiutarli a ricostruire il proprio presente ed il proprio futuro) auguro.... in bocca al lupo, per la vita !

08 novembre 2011

MARCHE 2011 - CASTELLO DI GRADARA

Non ce la faccio già più a vedere cieli neri e pioggia: solo una settimana di brutto tempo (e fa ancora un caldo boia) e sono già purtroppo morte decine di persone in tutta Italia, con danni per milioni di euro...
Quindi mi rifugio nei post delle vacanze estive ricordando il bel tempo, il sole, il caldo, il mare e... oggi, il Castello di Gradara.
Gradara è un luogo, al confine tra Emilia Romagna e Marche, che ricordo con piacere, oltre che per i panorami, perché nelle vicinanze abbiamo mangiato veramente bene alla Canonica di Casteldimezzo, ospiti dei carissimi amici Irene e Andrea. Spero di poter ricambiare il pranzo al più presto e di passare un'altra splendida giornata in loro compagnia ! Non ce ne saremmo più voluti tornare a casa :-D
Gradara è da ricordare anche per un fatto luttuoso, oltre che probabilmente il più romantico di tutta la letteratura italiana: è qui che vennero uccisi, secondo la tradizione, Paolo il Bello e Francesca da Polenta. Detti così magari non vi dicono niente ma, se vi dico "Dante Alighieri"... la (divina) Commedia... Inferno Canto V... "Quali colombe dal disio chiamate...."
Aaaaahhhh, siiiiiii: QUEI Paolo e Francesca !!!
Una delle vette più alte della poesia mondiale di tutti i tempi.
Ebbene sembra che proprio qui Paolo e Francesca consumarono il loro casto amore e trovarono la morte per mano del fratello di lui, nonchè marito di lei, Gianciotto.
Quindi vi invito a godervi prima la rilettura del canto dantesco e poi a farvi una bella passeggiata per Gradara (potete anche fare l'inverso, se volete, ma vi consiglio di prendervi 5 minuti di tempo per rileggere una cosa che avete dentro il cuore e, forse, da troppo tempo non leggete).

Così discesi del cerchio primaio
giù nel secondo, che men loco cinghia,
e tanto più dolor, che punge a guaio.

Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:

essamina le colpe ne l'intrata;
giudica e manda secondo ch'avvinghia.

Dico che quando l'anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa;
e quel conoscitor de le peccata

vede qual loco d'inferno è da essa;
cignesi con la coda tante volte
quantunque gradi vuol che giù sia messa.

Sempre dinanzi a lui ne stanno molte;
vanno a vicenda ciascuna al giudizio;
dicono e odono, e poi son giù volte.

«O tu che vieni al doloroso ospizio»,
disse Minòs a me quando mi vide,
lasciando l'atto di cotanto offizio,

«guarda com'entri e di cui tu ti fide;
non t'inganni l'ampiezza de l'intrare!».
E 'l duca mio a lui: «Perché pur gride?

Non impedir lo suo fatale andare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare».

Or incomincian le dolenti note
a farmisi sentire; or son venuto
là dove molto pianto mi percuote.

Io venni in loco d'ogne luce muto,
che mugghia come fa mar per tempesta,
se da contrari venti è combattuto.

La bufera infernal, che mai non resta,
mena li spirti con la sua rapina;
voltando e percotendo li molesta.

Quando giungon davanti a la ruina,
quivi le strida, il compianto, il lamento;
bestemmian quivi la virtù divina.

Intesi ch'a così fatto tormento
enno dannati i peccator carnali,
che la ragion sommettono al talento.

E come li stornei ne portan l'ali
nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
così quel fiato li spiriti mali

di qua, di là, di giù, di sù li mena;
nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena.

E come i gru van cantando lor lai,
faccendo in aere di sé lunga riga,
così vid'io venir, traendo guai,

ombre portate da la detta briga;
per ch'i' dissi: «Maestro, chi son quelle
genti che l'aura nera sì gastiga?».

«La prima di color di cui novelle
tu vuo' saper», mi disse quelli allotta,
«fu imperadrice di molte favelle.

A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
per tòrre il biasmo in che era condotta.

Ell'è Semiramìs, di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa:
tenne la terra che 'l Soldan corregge.

L'altra è colei che s'ancise amorosa,
e ruppe fede al cener di Sicheo;
poi è Cleopatràs lussuriosa.

Elena vedi, per cui tanto reo
tempo si volse, e vedi 'l grande Achille,
che con amore al fine combatteo.

Vedi Parìs, Tristano»; e più di mille
ombre mostrommi e nominommi a dito,
ch'amor di nostra vita dipartille.

Poscia ch'io ebbi il mio dottore udito
nomar le donne antiche e ' cavalieri,
pietà mi giunse, e fui quasi smarrito.

I' cominciai: «Poeta, volontieri
parlerei a quei due che 'nsieme vanno,
e paion sì al vento esser leggeri».

Ed elli a me: «Vedrai quando saranno
più presso a noi; e tu allor li priega
per quello amor che i mena, ed ei verranno».

Sì tosto come il vento a noi li piega,
mossi la voce: «O anime affannate,
venite a noi parlar, s'altri nol niega!».

Quali colombe dal disio chiamate
con l'ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon per l'aere dal voler portate;

cotali uscir de la schiera ov'è Dido,
a noi venendo per l'aere maligno,
sì forte fu l'affettuoso grido.

«O animal grazioso e benigno
che visitando vai per l'aere perso
noi che tignemmo il mondo di sanguigno,

se fosse amico il re de l'universo,
noi pregheremmo lui de la tua pace,
poi c'hai pietà del nostro mal perverso.

Di quel che udire e che parlar vi piace,
noi udiremo e parleremo a voi,
mentre che 'l vento, come fa, ci tace.

Siede la terra dove nata fui
su la marina dove 'l Po discende
per aver pace co' seguaci sui.

Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.

Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.

Amor condusse noi ad una morte:
Caina attende chi a vita ci spense».
Queste parole da lor ci fuor porte.

Quand'io intesi quell'anime offense,
china' il viso e tanto il tenni basso,
fin che 'l poeta mi disse: «Che pense?».

Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio
menò costoro al doloroso passo!».

Poi mi rivolsi a loro e parla' io,
e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.

Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri,
a che e come concedette Amore
che conosceste i dubbiosi disiri?».

E quella a me: «Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.

Ma s'a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.

Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante».

Mentre che l'uno spirto questo disse,
l'altro piangea; sì che di pietade
io venni men così com'io morisse.

E caddi come corpo morto cade.

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