25 giugno 2010

BASTA POCO... CHE CE VO' !?!

Come sapete amo Stromboli.
Su quell'isola ho dei carissimi amici e ci ho lasciato pure.... un pezzetto di cuore.
Nessuna donna, sia chiaro, ma il mio cuore è stato rapito, fin dalla prima volta in cui vi misi piede, dall'isola stessa e dal respiro di Iddu, il vulcano perennemente sbuffante.
Perchè Stromboli è come l'Africa o la Sardegna: se avrete la fortuna di passarci qualche giorno, non pensando solo alle spiaggie dalle acque limpide e cristalline ma andandoci con lo spirito disposto a conoscerne la vera anima, riuscirete ad inebriarvi della sua vera essenza, che penetra nell'anima e che non dimenticherete mai più.
Anzi, peggio... non potrere più fare a meno di quell'isola e di quel respiro.

Stromboli è casa, è serenità, è gioia di vivere nel modo più semplice possibile, anche se, a conti fatti, vivere su un'isola che per molti giorni l'anno, a causa del mare mosso, è isolata dal resto del mondo è tutt'altro che semplice e rilassante. Noi stessi (ricordate ?) rimanemmo bloccati per due giorni a Lipari ed a Salina senza poter far "ritorno a casa", e quando sbarcammo, finalmente, di nuovo a Stromboli avevo voglia di baciarne la terra (ma questa è una voglia che mi assale ogni volta che sbarco sull'isola, come si fa per salutare una persona cara che non vedi da anni).
E, tutto questo, non solo perchè le automobili sono bandite dall'isola perchè non potrebbero passare nelle sue stradine troppo strette o perchè non esiste illuminazione notturna nelle strade e tutti girano per l'isola, nottetempo, con delle torcette elettriche...
Alcuni pensano che lo sbuffo di fumo del vulcano, con i frastuoni che si sentono arrivare, seppur in lontananza, dalla sua sommità ogni pochi minuti, siano inquietanti: invece, dopo neanche un giorno di permanenza sull'isola, capirete che quello è il respiro della Terra, che Iddu non è minaccioso e che, anzi, vi preoccuperete se non ne vedrete lo sbuffo di fumo o non ne udirete i rimbombi del magma che ribolle verso l'altra parte dell'isola, verso la Sciara del Fuoco. E starete con occhi ed orecchi rivolti verso la sommità, finchè Iddu non vi rassicurerà con il suo prossimo respiro.
Anche Claudia, malgrado l'avessi "preparata", ai primi sbuffi era perplessa ed un po' timorosa.
Ora non fa altro che dirmi: "Quando torniamo a Stromboli ?" Prigioniera anche lei del "Mal di Stromboli".
Stromboli (e le Eolie tutte) è patrimonio dell'umanità dell'UNESCO ma, malgrado ciò, continua ad avere dei grossi problemi, legati soprattutto alla mancanza di un porto e di collegamenti sicuri e continui con la terraferma; perfino una delle due chiese dell'isola, San Bartolomeo, è chiusa da 4 anni a causa di alcune crepe esterne, createsi a seguito di una leggera scossa sismica, che richiederebbero un semplice e poco costoso intervento di consolidamento. E invece tutto tace, a tutti i livelli !

Per fortuna Facebook ha anche i suoi lati positivi ed alcuni ragazzi di Stromboli hanno creato un gruppo per cercare di salvare San Bartolo (come gli strombolani chiamano la chiesa di San Bartolomeo).
Anche voi potreste dar loro una mano in due modi semplicissimi ed assolutamente gratuiti:

- andando nella pagina dei LUOGHI DEL CUORE (iniziativa nata dalla collaborazione tra il F.A.I. - Fondo Ambiente Italiano e la Banca Intesa - San Paolo) cliccando su questo LINK e poi, sulla colonna di destra, su "segnala";

- oppure semplicemente recandovi presso qualunque sportello della Banca Intesa - San Paolo e compilando la cartolina dei Luoghi del Cuore in questo modo (ricordate che Stromboli fa parte del comune di Lipari)

Aiutiamo la popolazione e, soprattutto gli anziani di Stromboli, che non possono recarsi alla Chiesa di San Vincenzo, a poter rientrare a San Bartolomeo.
NON MI DELUDETE.

21 giugno 2010

10 giugno 2010

PRIVACY E LEGALITA'

IL MIO TELEFONO NON E' SOTTO CONTROLLO E,
SE ANCHE QUEI CATTIVONI DEI MAGISTRATI COMUNISTI VOLESSERO METTERCELO,

NON TROVEREBBERO NELLE MIE PAROLE NULLA DI ILLEGALE !!!

In quelle di altri.... chissà, vero signor premier ?!

La privacy è a tutela delle persone rette,
le intercettazioni "colpiscono" solo i malfattori !!!





ROMA SPARITA: IL COLOSSO DI NERONE

Visto che non tutti sono a conoscenza del mio altro blog, quello dedicato a Roma, vi voglio regalare anche "di qua" una passeggiata nella Roma che non esiste più... perchè non di sola cucina si vive
^_^

La statua, in bronzo dorato, chiamata “Colosso di Nerone”, in quanto originariamente raffigurante l’imperatore che la fece erigere a sua immagine, fu progettata e costruita dallo scultore Zenòdoro, di origini greche, nella prima metà del primo secolo dopo Cristo, ed era alta oltre 100 “piedi” (110 piedi secondo Plinio il Vecchio, 120 secondo Svetonio o 102 secondo il “Cronografo” del 354 d.C.: quest’ultimo era un calendario illustrato, opera di Furio Dionisio Filocalo.
Considerando che l’unità di misura del “piede romano” equivaleva a 29,64 centimetri possiamo dire che la statua fosse alta tra i 30 ed i 35 metri, a seconda delle varie misure riportate dalle diverse fonti: un vero e proprio colosso, appunto, equiparabile, se non probabilmente addirittura superiore, a quello di Rodi, che si stimava fosse alto circa 32 metri).
Alcune fonti riportano anche la misura di 174 palmi” ma il "palmo" era una misura che variava di zona in zona: nell’antico Egitto esso era equivalente alla larghezza del palmo di una mano, quindi a circa otto centimetri. In altre zone europee si sono utilizzate unità di misura simili, con valori tra gli 8 ed i 12 centimetri, mentre in diverse regioni italiane il palmo aveva valori interpretabili come ad esempio la distanza tra le punte del pollice e del mignolo della mano aperta di un adulto: a Napoli valeva circa 26,45 centimetri, a Firenze 29,15 cm., mentre a Venezia, il "palmo antico" era equivalente a 37,74 cm..
Il Colosso Neroniano, come detto, raffigurava l'imperatore che, nella mano destra, reggeva una sfera d'argento rappresentante il mondo (già si presumeva fosse tondo?) e nella sinistra una spada, segno di dominio; questa immagine ci e' pervenuta attraverso monete romane dell’epoca di Tito e di Gordiano III°.

Un sesterzio dell'epoca dell'imperatore Tito (39 - 81 d.C.) raffigura il Colosseo, probabilmente appena innaugurato e del quale si possono riconoscere benissimo gli ordini dei posti; alla sinistra del Colosseo la fontana della Meta Sudans e, sulla destra, i portici che circondavano il preesistente lago, prosciugato per permettere l'edificazione dell'Anfiteatro Flavio.
Ed un medaglione dell'epoca di Gordiano III° (225 - 244 d.C.) che raffigura il Colosseo, nel quale è in corso un combattimento tra animali (un toro ed un elefante condotto da un uomo); sulla sinistra del Colosseo si possono riconoscere la fontana della Meta Sudans e, alle sue spalle, il busto del Colosso di Nerone; sulla destra si riconoscono i portici.

L'imperatore Vespasiano (9 - 79 d.C.) fece sostituire, subito dopo la morte di Nerone, la testa della statua, raffigurante Nerone stesso, con quella del "dio Sole", su cui pose una corona di sette raggi (ogni raggio misurava dodici piedi di lunghezza, quindi oltre 3 metri e mezzo).
In origine la statua era situata nel vestibolo (zona di un palazzo dalla quale si ha accesso ad altri ambienti) della Domus Aurea, la residenza neroniana edificata a cavallo dei colli Palatino, Esquilino e Celio, e successivamente all’incendio che colpì parte della residenza, venne fatta restaurare dall’imperatore Vespasiano che, come detto, la convertì in una rappresentazione del “dio Sole” e la spostò nell’atrio della Domus Aurea.
Circa l'edificazione della Domus Aurea
, ossia la Casa d’oro, c'è da dire che fu Nerone stesso a voler, di fatto, “privatizzare” buona parte della Roma più antica per utilizzarla a scopo personale, confiscando il Palatino e la collina della Velia, oltre i colli Oppio e Celio, inclusa la vallata dell’odierno Colosseo, per poter creare l’immenso giardino ed erigere gli edifici della propria residenza privata, all’interno della quale vennero organizzate dall’imperatore delle feste meravigliose. Restarono quindi a disposizione del popolo la valle del Foro romano, con le piazze degli attigui Fori di Cesare e di Augusto ed i vicoli stretti e maleodoranti dell’Esquilino.
L’ingresso della gigantesca residenza neroniana era rappresentato dall’attuale Arco di Costantino (vissuto dal 274 al 337 d.C.), la cui primaria edificazione sembrerebbe invece risalire, a fronte di recenti scavi archeologici, al tempo dell’imperatore Adriano (76 - 138 d.C.), mentre al centro dei raffinati giardini imperiali era un grande lago ellittico circondato da portici (lago poi fatto prosciugare da Vespasiano, per mezzo di ingegnosi canali che scaricarono le acque del lago direttamente nel Tevere, a circa un chilometro di distanza, per poter permettere la costruzione dell’Anfiteatro Flavio). Sopra una parte dei portici furono fatte edificare, fra il 79 e l’81 d.C., dal figlio di Vespasiano, Tito, le omonime Terme, delle quali sporgono alcuni robusti pilastri di mattoni dalla scarpata che sovrasta oggi l’ingresso della metropolitana. Poco più oltre, sui resti della sontuosa Domus Aurea, furono realizzate le Terme di Traiano (53 - 117 d.C.).
Nel lago si specchiava la statua di bronzo dorato del Colosso neroniano. Il Colosso era infatti collocato sull’altura della Velia, propaggine orientale del Palatino, accanto ai grandi atrii del vestibolo della casa imperiale. Quando il lago fu sostituito dall’Anfiteatro Flavio fu edificata, tra l’anfiteatro e la salita della Velia, una fontana (chiamata "Meta Sudans"), con una vasca circolare e con un getto al centro dell'alto cono che costituiva la fontana stessa. La struttura basale e lo scheletro interno della fontana rimasero visibili, ed in parte funzionanti, per tutto il medio evo e l’età moderna fino a quando, nel 1936, malgrado gli ulteriori danneggiamenti subiti nel corso dei secoli, fu incredibilmente demolita.

Tre immagini che raffigurano la Meta Sudans e l'Arco di Costantino: una stampa e due fotografie (fonte Fototeca Nazionale) rispettivamente del 1908 e del 1920.

Successivamente, per favorire la creazione del tempio di “Venere e Roma”, la statua del Colosso fu fatta spostare dall’imperatore Adriano, sotto la direzione dell’architetto Demetriano, al fianco dell’Anfiteatro Flavio.
Per spostarla (non coricandola ma trasportandola in posizione verticale) si dice si rese necessaria la forza di ben ventiquattro elefanti.
L'Anfiteatro Flavio, probabilmente, proprio per la vicinanza del Colosso Neroniano, nel corso dell’VIII° secolo, prese il nome di "Colosseo", anche se sull’origine del nome si sono fatte diverse ipotesi: ad esempio il termine potrebbe essere derivato dalle proporzioni "colossali" dello stadio, oltre che alla vicinanza della statua bronzea del Colosso di Nerone, che potrebbe aver indotto il popolo ad acquisire l’abitudine di dire "
ad Colossum eo" = “vado al Colosso”. Per altri, invece, esso deriva semplicemente dal luogo dove sorge il monumento, l'antico "Collis Isei", dal tempio di Iside che era sul vicino Colle Oppio e che dava il nome alla contrada, detta proprio "Iseo". Un'altra fonte fa invece risalire il nome del monumento al culto del dio Sole. Prima del 313 d.C., quando Costantino proclamò come religione ufficiale il Cristianesimo, ci fu un lungo periodo in cui venivano adorate divinità pagane. Per l'influenza del Colosso, raffigurante il dio Sole, il Colosseo venne definito il "Tempio del Sole". Questo si può leggere nei "Mirabilia Urbis Romae", una raccolta di racconti, spesso contrastanti, che narrano leggende e meraviglie di Roma, scritti principalmente dai molti stranieri che rimasero suggestionati dalle meravigile della città. I sacerdoti del culto del Sole, che vivevano nei pressi del "tempio", obbligavano gli stranieri in visita a venerare la statua del Sole. Secondo le credenze popolari, per convincere i più scettici, i sacerdoti avevano imprigionato degli spiriti maligni dentro le statue minori, di cui era ornato il tempio. Queste "presenze" facevano muovere gli occhi dei simulacri e parlavano attraverso le loro bocche. I sacerdoti portavano quindi i soggetti, oramai spaventati, al cospetto della statua del dio Sole, domandando loro: “Colis eum?”, ovvero “Lo adori?”. Da questa pratica sarebbe nato il nome Colosseo.


Il Colosso, una volta sistemato nei pressi dell’Anfiteatro Flavio, poggiò su un basamento di costruzione laterizia rivestito di marmo, come si è potuto apprendere da scoperte fatte recentemente (o di bronzo, come attestano fonti minori). Attualmente è ancora visibile l’antico basamento di tufo sul quale era collocata la statua.

Una fotografia dell'inizio del '900 raffigura gli scavi presso il Colosseo: davanti gli archi dei portici, del sovrastante Tempio di Venere e Roma, si possono notare i resti del basamento quadrato del Colosso neroniano.

In realtà il Colosso mutò “fisionomia” diverse volte, assumendo, volta per volta, i lineamenti dell'imperatore di turno. L’ultima versione della statua volle rappresentare il dio Sole, con la vistosa raggiera attorno alla testa.
Neanche un secolo dopo Adriano, Caracalla (o Commodo, secondo altri) gli fece adattare i lineamenti ai propri, togliendo la raggiera ed aggiungendovi una clavaclava ed una pelle di leone: il Colosso vestì quindi anche i panni di Ercole. Ma successivamente venne restaurato e riprese i connotati del dio Sole.


Il Colosso era ancora integro nel V° secolo d.C. ma pare che Papa Gregorio Magno (540 - 604 d.C.), non potendo sopportare la presenza di questo simbolo pagano, lo fece smontare e fondere.

Alcune cronache dei secoli scorsi riportano che il 6 giugno il Colosso veniva incoronato, cioè addobbato con ghirlande di fiori, come attesta anche Charles-François Dupuis, a pagina 242 del suo “Origine des tous les cultes”, Parigi, Louis Rousier, 1836.

L'Arco di Costantino, la Meta Sudans, il Tempio di Venere e Roma, il Colosso di Nerone e il Colosseo.

05 giugno 2010

DONNE E MOTORI, GIOIE E DOLORI

Se c'era una cosa che, a 42 anni fatti, mi mancava era vedere un atleta italiano trionfare in un singolare del Grande Slam di tennis (e se proprio vogliamo essere cattivelli possiamo sostituire il termine "trionfare" con "fare una onorevole figura").
Oddio, per la verità, dopo la mia nascita, c'era riuscito Panatta nel 1976, a vincere Parigi, ma avevo 8 anni ma, stranamente, non me lo ricordo. Prima di lui era riuscito a vincere uno Slam nel 1959 e nel 1960, perdendo invece in finale nel 1961 e nel 1964, Nicola Pietrangeli. Altro finalista era stato, nel 1932, Giorgio De Stefani, mentre a livello femminile Silvana Lazzarino è stata l'unica italiana a raggiungere una semifinale "Slam" nel 1954 !
Da notare che tutti i risultati suddetti sono stati conseguiti al torneo Roland Garros di Parigi, su terra battuta: evidentemente gli italiani giocano un tennis che si adatta bene soltanto a questa superficie.
Ma torniamo a Francesca Schiavone, che dopo questa vittoria passerà dal numero 17 al numero 6 al mondo (e l'altra italiana Flavia Pennetta salirà al numero 10, regalando per la prima volta all'Italia due tenniste tra le prime 10 al mondo. Ma che fossero forti entrambe lo sapevamo già, visto che proprio loro hanno già regalato al tennis italiano, a differenza dei maschietti che, da decenni ormai, fanno abbastanza schifo, due Federations Cup, oltre la finale contro gli Stati Uniti da giocarsi nel prossimo novembre: l'equivalente femminile della Coppa Davis).
Infatti è a lei, che oggi in finale ha battuto l'australiana Samantha Stosur (una vera e propria "spaccalegna", con un braccio che era il doppio di quello di Francesca ed un rovescio da perfezionare) che faccio un applauso chilometrico perchè, dopo anni, mi ha fatto emozionare guardando un incontro di tennis: quel tennis che, oramai, sia a livello maschile che femminile, è fatto (con pochissime eccezioni) di veri e propri "culturisti della racchetta". Alla faccia di Martina Navratilova e Stefan Edberg: i poeti del tennis che, insieme a Jimmy Connors, ho più amato nella mia vita.
Un applauso perchè, pur raggiungendo "la vittoria della vita" (che tra l'altro le porterà in tasca, tra premio diretto e premi secondari, circa 1.500.000 euro !) ha mantenuto la sua semplicità e la sua spontaneità (insieme a quella grinta, dovuta anche all'esperienza, che nel secondo set l'hanno fatta uscire da un passaggio a vuoto che l'aveva portata sotto 1-4, per poi raggiungere e dominare uno dei tie-break più belli che abbia visto nella mia vita) quasi non facendole rendere conto di essere diventata lei la campionessa del Roland Garros 2010.
E, degna chiusura, alla domanda del cronista: "Cosa ti comprerai, adesso, con questo premio? Una casa?" lei ha risposto "No, un paio di jeans, come feci nel 2004 quando raggiunsi i quarti di finale agli US Open. Un jeans".

GRAZIE FRANCESCA !!!


Ed ai complimenti dovuti a Francesca Schiavone, faccio seguire un grande IN BOCCA AL LUPO dedicato a "The Doctor", Valentino Rossi, che proprio stamattina, durante le prove libere del Gran Premio di Motociclismo del Mugello si è spezzato una gamba, alla quale sono stati applicate 4 viti ed una placca, che lo lasceranno fuori dal giro per 5 mesi.
Arrivederci a presto DOTTORE !!!


03 giugno 2010

POLENTA INTEGRALE DI FABIO CON FUNGHI E PROVOLA

L'ultima volta che siamo stati in Umbria Fabio ci ha regalato un sacchetto della sua polenta integrale, di un meraviglioso color arancione intenso, per farcela provare.
Finalmente siamo riusciti a prepararla: purtroppo mangiamo in casa soltanto la domenica e in queste ultime settimane abbiamo fatto un vero e proprio tour de force... quando non c'era la cantina della suocera da svuotare, e poi risistemare, per farci dei lavori di coibentazione, il tempo ce lo hanno riempito compleanni e battesimi vari: però qualche giorno fa sono riuscito a mettere le mani su quel dorato sacchettino e.... i frutti eccoli qua !
Memori della bella esperienza dello scorso anno ho fatto appassire in una padella, con un giro d'olio ed uno spicchio d'aglio, un 3 etti circa di champignons spellati e tagliati a dadini, sfumando con mezzo bicchiere di vino bianco.
Appena scuriti ho tolto dal fuoco (togliendo lo spicchio d'aglio) ed ho tagliato a dadini della stessa grandezza mezza provola.
Ho ritirato fuori dalla credenza la mitica mescolatrice Tupperware, messo circa 3 litri d'acqua sul fuoco, salato e, a bollore, fatto cadere a pioggia circa 400 grammi di polenta, mescolando con una frusta.
Ho lasciato andare di cottura finchè la polenta non si è addensata, circa 4 minuti sempre mescolando con la frusta, e poi ne ho colata una parte nella ciotola di plastica gommata.
Ho fatto un incavo, in cui ho messo i funghi e la provola a dadini, e coperto con la rimanente polenta. Chiuso la ciotola con il suo coperchio ermetico e lasciato riposare per circa un'ora.
L'effetto, dopo circa 60/70 minuti di riposo nei quali la polenta calda continua a "cuocere" nella ciotola grazie al materiale di cui è fatta (plastica rivestita esternamente di uno strato gommato), dovrebbe essere questo:
Dico "dovrebbe" perchè dopo una mezz'ora una delle figlie, volendo vedere cosa stessimo preparando, ha aperto la ciotola per sbirciare e poi ha lasciato solo appoggiato il coperchio senza richiuderlo, tanto che la polenta si è cotta ugualmente grazie al proprio calore ma non si è addensata adeguatamente e, sotto il peso del ripieno, è leggermente "collassata". Ma a noi va benissimo ugualmente perchè il sapore...... non lo potete capire !!! E comunque questa è un'ottima scusa per rifarla quanto prima...
Vi dico solo: andate a trovare Fabio nel suo agriturismo perchè, oltre a godere di un panorama e di un'accoglienza tra le migliori possibili, proprio a cavallo tra l'Umbria e la Toscana, a dieci minuti dal Trasimeno, potrete assaggiare le bontà uniche che lui stesso coltiva o produce: mais (da cui la nostra bellissima polenta dorata), fagiolina del Trasimeno, zafferano, farro, confetture....

01 giugno 2010

FRITTATA DI PATATE "MOTHER-MADE"

Da bravo maschietto dirò anche io.... "Ah... come lo cucina la mi' mamma....".
E, in effetti, in casa nostra questa frittata di patate non l'abbiamo ancora mai fatta: Claudia fa spesso dei tortini di patate, ma non in questo modo. Eppure è facilissima e gustosa e, come al solito, l'ha fatta mia madre (su mia pressante richiesta: erano mesi che le chiedevo le quantità, ma lei fa tutto a occhio).

FRITTATA DI PATATE, CIPOLLA E POMODORO


INGREDIENTI (per 4 persone):

1 chilo di patate lessate "al dente"
2 cipolle medie
5 o 6 pomodori da sugo
1 fetta di pancetta tesa tagliata a dadini
1/2 bicchiere di vino bianco
pepe

sale
olio

PROCEDIMENTO: Lessare le patate "al dente" in acqua satura di sale (circa 250 grammi di sale per litro d'acqua) per circa un'ora e, una volta intiepidite, sbucciarle e schiacciarle sommariamente con una forchetta, lasciando anche dei tocchetti grossolani.
In una padella antiaderente preparare un soffritto con l'olio e lasciarvi appassire le cipolle affettate sottilmente e la pancetta a dadini (anche speck o guanciale, a seconda dei gusti); aggiungere poi il mezzo bicchiere di vino bianco e, una volta sfumato questo, aggiungere i pomodori a tocchetti, precedentemente sbollentati e privati della buccia, quindi aggiustare di sale e dare una grattatina di pepe nero.
Quando il sugo si sarà leggermente "asciugato", calare nella padella le patate, mescolare bene e compattare il tutto.
Cuocere 7 o 8 minuti e poi, con un coperchio o un piatto grande, rovesciare la "frittata", cuocendola per altrettanti minuti anche dall'altro lato.
E' pronta quando la superficie sarà leggermente scurita (attenti però a non bruciarla troppo).
E' ottima anche fredda !